Bouzouki vi presenta il “bandito alfa” che divenne ambasciatore delle Nazioni Unite. Vi raccontiamo la storia di Alpha Blondy e della sua musicista reggae. Un percorso tortuoso, fatto di tanti alti e di altrettanto numerosi bassi, che lo ha duramente messo alla prova fino a sfiorare la pazzia, ma senza mai scalfire la sua tenacia. 

 

Dicono che solo i forti sopravvivono, “Only the strong survive, them say”. Questa frase estrapolata dalla sua prima canzone “Jah Glory” è l’emblema di quel rollercoaster che è stata la vita di Seydou Koné, meglio conosciuto come Alpha Blondy.

Nato l’ 1 gennaio 1953, viene cresciuto dalla nonna Cherie Coco, che vedendo lo spirito ribelle del ragazzo, lo soprannomina “Blondy”, ovvero la sua personalissima pronuncia della parola “bandit”. Effettivamente il ragazzo presenta qualche problema di rispetto dell’autorità, tanto da venire espulso dal college ed essere costretto a emigrare in Liberia, dove comincia a imparare l’inglese. Proprio questa tappa a Monrovia diventa propedeutica per la successiva esperienza, comune a moltissimi giovani africani benestanti. Si iscrive in seguito prima al corso di inglese all’Hunter College di New York e poi alla Columbia University, ma nella Grande Mela la sua vita prenderà strade inaspettate.

Qui infatti assiste a un concerto di Burning Spear che lo porta ad appassionarsi alla musica reggae e gli dà la spinta per coltivare il suo sogno di diventare un musicista. Inizia a suonare nel suggestivo Central Park e nei club di Harlem dove si fa notare grazie alle sue interpretazioni, in francese e in diversi dialetti africani, dei grandi successi di Bob Marley.

http://www.youtube.com/watch?v=Oysn_pRMukQ

Presto viene notato dal noto produttore giamaicano Clive Hunt e gli viene proposto di registrare delle tracce per un EP che però non vedrà mai la luce. Dopo questo brutto colpo, Seydou si trova costretto a cambiare città e tenore di vita. Decide così di tornare a casa facendo prima una tappa a Londra. Nel viaggio verso la capitale britannica viene però arrestato a causa di minacce verso l’ambasciatore ivoriano a New York, reo di averlo accusato di parlare un inglese troppo fluente per essere nativo della Costa d’Avorio. All’arrivo ad Abidjan alza la posta in gioco rispondendo alla violenza fisica di un poliziotto e guadagnandosi così un biglietto per la prigione e un successivo trasferimento al manicomio di Bingerville, dove viene dichiarato sano di mente e rilasciato.

Ma il giovane Seydou ha ancora un asso nella manica da giocarsi. Un suo amico d’infanzia, Fulgence Kassy, lavora nella la tv ivoriana e decide di aiutarlo dandogli un po’ di visibilità in un talent show. Nel poco tempo a disposizione suona tre pezzi inediti e una cover di “Burning Spear” catturando completamente il pubblico in studio. È la nascita di una nuova stella: Alpha Blondy, il bandito numero uno.

Il passo dopo è la registrazione del suo album di debutto Jah Glory!, nel quale spicca la canzone di protesta “Brigadier Sabari“, in cui racconta dell’arresto e dei maltrattamenti subiti dopo partecipato a una manifestazione.

Negli anni successivi pubblica Cocody Rock e Apartheid Is Nazism, coi quali mostra a tutti che il suo reggae, rispettoso dei dettami insegnati al mondo dalla leggenda Robert Nesta Marley, si è arricchito di vibrazioni particolari date dalle contaminazioni provenienti dalla musica africana. È pronto per volare in Giamaica a registrare il suo quarto disco Jerusalem, con la partecipazione degli Wailers, coi quali aveva già collaborato, e Aston Barrett, leggendario bassista di Bob Marley. In questo album promuove l’unità fra le religioni, tema a lui molto caro essendo figlio di un musulmano e una cristiana.

La sua carriera procede spedita e nel 1991 fa uscire l’album Masada, che gli frutterà il Disco d’oro in Francia. Anche per questo nel ’92, Alpha è totalmente assorbito dal tour mondiale, mentalmente e fisicamente, al punto tale da portarlo prima alla depressione e poi a un esaurimento nervoso (forse accompagnato da un tentativo di suicidio). Viene portato in un istituto psichiatrico dove, dopo aver iniziato il processo di guarigione, si dedicherà parallelamente alla stesura di Dieu, disco in cui riuscirà a esternare tutta la sua spiritualità e la sua fede.

Dicono che solo i forti sopravvivano e Alpha Blondy ha dimostrato di esserlo. Ha seguito la sua strada sfidando la sorte avversa e ha saputo rialzarsi dopo ogni pesante caduta. Ha sempre sostenuto le sue idee e non ha mai avuto paura di esprimerle, come nel caso della canzone “Ytzhak Rabin“, in memoria del primo ministro israeliano assassinato per aver cercato la pacificazione. Oggi è meritatamente un Ambasciatore delle Nazioni Unite per la Pace in Costa d’Avorio, un paese storicamente diviso e bisognoso di un grande uomo di pace e tolleranza come lui è sempre stato.

Alpha Blondy: solo i forti sopravvivono ultima modifica: 2015-01-29T17:44:58+00:00 da Yorgos Papanicolaou