Un excursus nel mondo di corna e palchi, passando dai più comuni cervi fino ad insetti simili a triceratopi. Non esattamente il copricapo più desiderato dagli esseri umani, ma una prerogativa di moltissimi altri organismi.
Nel mondo di oggi è importante sapersi difendere, ma non bisogna mai trascurare l’apparire. Ecco perché molti animali hanno sviluppato delle corna. Non tutte sono uguali e non tutte crescono allo stesso modo. Ma a cosa servono? Principalmente per la comunicazione intraspecifica, cioè vengono usate per “apparire” all’interno dei nuclei composti da animali della stessa specie, grazie a queste infatti si instaurano gerarchie e rapporti ben definiti.
Normalmente le corna crescono in maniera più marcata nei maschi, per impressionare positivamente le femmine durante la stagione riproduttiva e al tempo stesso scontrarsi con i rivali. Se pensate che le corna siano “maschie” per definizione vi sbagliate, anche se quelle femminili non hanno quasi mai la stessa importanza strutturale: ma attenti a etichettare subito un esemplare come maschio solo perchè dotato di corna, potreste risultare scortesi.
Come detto, questo tipo di apparati sono utili anche per comunicazioni interspecifiche, quindi per difendersi da eventuali aggressori e predatori.
Corna di cheratina
Non tutto ciò che cresce sulla testa degli animali può essere chiamato corna. Un esempio di “corno” vero e proprio è quello del rinoceronte: le corna di questi animali sono composte completamente da cheratina, una proteina il cui nome deriva dalla parola greca keratòs (“corno” in italiano, ma tu guarda).
La cheratina però non è certo esclusiva dei rinoceronti, è la proteina che costituisce anche unghie e capelli umani, a seconda dei residui di cisteina presenti, (amminoacido ordinario), può formare strutture durissime proprio come il corno del rinoceronte bianco, che può arrivare a misurare anche un metro e mezzo di lunghezza.
I palchi dei cervidi
Chiamare il corno del rinoceronte “corno” abbiamo appurato essere giusto, è invece sbagliato etichettare così le appendici dei cervidi. Il nome corretto infatti è palchi e le differenze non sono poche, soprattutto due. Innanzitutto sono sempre ramificati, poi non crescono quasi mai nelle femmine, fatta eccezione per renne e caribù.
Inoltre, i cervidi non portano i palchi per tutto l’anno. La crescita è stimolata da ormoni come il testosterone, che innesca il processo prima della stagione degli amori, in modo che i maschi possano sfoggiarli e combattere tra loro.
La matrice dei palchi è ossea e inizialmente molto vascolarizzata, coperta da una peluria vellutata (“velluto”, appunto) che si stacca una volta completata la crescita.
Nel caso dell’alce, Alces alces, che è il cervide più grande esistente sul pianeta, i palchi possono raggiungere un’ampiezza di anche 2 metri.
Le corna dei bovidi
Gli animali che fanno parte di questo gruppo, dalla comune mucca fino allo yak e allo stambecco, sono dotati di almeno un paio di corna, ma con tante differenze rispetto a quelle dei cervidi. Oltre a non essere mai ramificate, soprattutto non sono stagionali: sono sempre presenti fino al giorno della loro dipartita. Se un corno dovesse spezzarsi quindi, non si rigenererebbe.
Anche la composizione è differente. Le corna dei bovidi sono costituite da una struttura ossea poggiata sul cranio, ma questa è poi ricoperta esternamente da uno strato corneo che le rende molto resistenti e adatte per scontrarsi con i rivali, a suon di capocciate.
Non solo mammiferi
Le corna non sono una prerogativa dei soli mammiferi. Dopo milioni di anni di evoluzione e numerose puntate de La Macchina del Tempo (e di YURY Quark) tutti sappiamo che 65 milioni di anni fa esistevano creature dotate di corna come i Ceratopsidi, nome di dinosauro che vuole dire proprio “faccia cornuta”. Esiste almeno un essere vivente sul nostro pianeta che denota qualche somiglianza con il Ceratopside più famoso, il triceratopo, seppur di dimensioni molto più piccole: è il Triceros jacksonii, camaleonte che raggiunge una lunghezza massima di 40 cm nel caso dei maschi più grandi.Questo sauro lo possiamo trovare specialmente in Africa Orientale, con le sue tre bellissime corna, una sul “naso”, il corno rostrale, e altre due poste sopra le creste oculari.
Difficilmente lo vedremo combattere a cornate con i suoi simili. Nonostante le dimensioni è un camaleonte ben meno territoriale della media, preferisce usare il criptismo per nascondersi da eventuali predatori.
Chi invece assomiglia ad un triceratopo e innesca violenti combattimenti con i maschi della stessa specie è un organismo ancora più piccolo, un coleottero, il Chalcosoma caucasus.
Questo invertebrato è uno dei coleotteri più grandi presenti in Asia. I maschi si distinguono facilmente dalle femmine per le grandi corna fatte di cuticola, che usano per combattere tra loro in modo da aggiudicarsi il diritto all’accoppiamento.