In una società che premia l’essere estroversi e cerca di forzare a esserlo fin dall’infanzia, gli introversi per natura non hanno vita facile. L’introversione però non è cosa di cui vergognarsi, è il caso di fare un po’ di chiarezza a riguardo.

Forse stenterete a crederlo, ma statistiche basate su vari test psicometrici – riportate da Susan Cain nel suo bestseller Quiet – ci dicono che un individuo su tre può essere definito introverso. Uno su tre significa tantissimi in più di quanto mediamente ci si aspetterebbe, e il perché di questa percezione falsata è semplice: un sacco di introversi si impegnano al meglio delle loro possibilità a non apparire tali. Se anche non lo foste, siete quindi circondati da introversi più o meno manifesti.

Parola di Jung: un’infarinatura teorica

La classificazione degli esseri umani nei due macroblocchi estroversi/introversi è stata introdotta da Carl Jung nel libro “Tipi psicologici” del 1921. Le teorie di Jung si fondano sul concetto di energia psichica, che negli introversi viene indirizzata in prevalenza all’interno, per pensieri ed emozioni; negli estroversi invece va in prevalenza all’esterno, nei confronti di attività e persone. “In prevalenza”, già, perché come Jung stesso ha sottolineato “non esistono estroversi puri e introversi puri, individui del genere sarebbero confinati in un ospedale psichiatrico”. Sono in molti a stare grossomodo nel mezzo, con una leggera propensione all’introversione o all’estroversione.

Più intelligenti?

Gli psicologi un po’ meno datati non sono giunti a definizioni nette e condivise di estroversione e introversione, ma ne hanno identificato alcuni comportamenti di massima. All’atto pratico gli estroversi si tuffano a capofitto, gli introversi si soffermano sul significato che essi stessi danno agli eventi in svolgimento. Alla base c’è una differente reazione agli stimoli esterni. L’introverso, più sensibile e più incline a interiorizzarli, si “sovraccarica” facilmente e si trova più a suo agio in situazioni tranquille, mentre l’estroverso necessita di un numero più alto di stimoli per sentirsi appagato. Due cervelli che funzionano diversamente: come evidenzia questo studio, gli introversi impiegano più tempo degli estroversi a tradurre i pensieri in azione, tendono a vagliarli più attentamente.

Quale dei due tipi psicologici è più intelligente, quindi? Nessuno, purtroppo – o non mi sarei certo lasciata scappare l’occasione di intitolare l’articolo GLI INTROVERSI/GLI ESTROVERSI SONO PIU INTELLIGENTI generando così condivisioni assicurate. Le statistiche basate sui test del QI parlano chiaro: puoi essere scemo se tendi a startene zitto sentendoti speciale e introspettivo, come puoi essere scemo se parli in continuazione di cose che ti sembrano furbe ma non lo sono. Pazienza, sarà per il prossimo clickbait.

I preconcetti più diffusi da cestinare

Avere un temperamento riservato e tranquillo comporta il rischio di vedere il proprio silenzio riempito di significati non sempre azzeccati.

Introversi ≠ timidi

Ebbene sì, non tutti gli introversi sono timidi. Ci sono anche quelli, ma di fatto introversione e timidezza non sono sinonimi, e gli introversi vengono spesso scambiati per estroversi proprio per questo motivo. Se il timido teme il giudizio degli altri e quindi evita di socializzare, l’introverso preferisce ambienti non saturi di stimoli e non è sempre interessato a socializzare. La timidezza è fonte di frustrazione e si può superare, l’introversione è parte essenziale del temperamento di un individuo e in sé non arreca alcuna sofferenza.

Introversi ≠ asociali

Anche se non hanno l’esigenza di parlare con chiunque in qualsiasi momento della loro vita, gli introversi non per forza rifuggono i rapporti umani. Per loro socializzare può essere faticoso per vari motivi, principalmente per il discorso della maggiore sensibilità agli stimoli e per la tendenza ad ascoltare con molta attenzione il proprio interlocutore. Essendo un’attività che richiede molte delle loro energie, vi si dedicano quando a loro avviso ne vale la pena e preferiscono la qualità alla quantità. A una festa piena di gente sconosciuta con cui scambierebbero chiacchiere superficiali, preferiranno quindi il più delle volte una cena con amici stretti. E se gli estroversi traggono energia proprio dall’interazione con gli altri, gli introversi dopo aver interagito hanno bisogno di ricaricare le batterie ritagliandosi del tempo in solitudine. Da qui all’eremitaggio ce ne passa.

Introversi ≠ snob

Di nuovo, ci saranno pure degli introversi snob e pieni di sé, completamente disinteressati a quello che il volgo caciarone fa e dice e assorbiti da pensieri narcisistici, ma sono una netta minoranza. Il fatto che tendano a non partecipare tanto quanto gli estroversi, nei modi degli estroversi, può dare l’impressione che si ritengano superiori a chi li circonda e non vogliano avere con loro niente da spartire, in realtà è più probabile siano perfettamente in pace con il mondo. Molto fa anche l’avversione per i convenevoli, per tutte quelle chiacchiere vuote che stancano gli introversi senza arricchirli ad alcun livello e che sono spesso alla base di qualunque relazione umana poco approfondita. Se tagliano corto non è niente di personale, insomma.

Introversi ≠ presi male

Che noia questi introversi, si potrebbe pensare, non si divertono alle feste, non si divertono mai. Eppure non è proprio così, per loro vale più che altro il detto “il party è bello quando dura poco”. Molti introversi sono perfettamente in grado di funzionare e divertirsi in mezzo alla gente, anche in ambienti affollati e rumorosi, ma dopo un po’ cominciano a trovare il tutto stancante e se possono si defilano prima del tempo. O magari a ogni serata movimentata hanno bisogno di farne seguire almeno tre belle scialle per recuperare le forze, ciascuno ha le proprie esigenze. Il fatto poi che una persona non parli di continuo o non si fiondi sempre nel fulcro dell’azione non significa necessariamente che sia triste o che si stia annoiando. Ciò che può sembrare una presa male spesso altro non è che un modo più discreto di prendersi bene.

persone introverse

Lo stigma dell’introversione

Nella nostra società occidentale, fondata sul mito della forte personalità necessaria a imporsi nel lavoro, nei rapporti e più in generale nella vita, l’introversione è vista dai più come una debolezza, un’anomalia da provare a correggere in tutti i modi. Il sistema di valori dominante preferisce l’azione alla contemplazione, l’impulsività alla cautela, il parlare all’ascoltare, le certezze sbandierate ai dubbi pacatamente sollevati. L’estroversione è sana, l’introversione una specie di colpa di cui vergognarsi. Fin da piccoli i più riservati sono spinti a uscire dal guscio, vengono forzati ad adottare atteggiamenti che non gli sono propri e crescono con la convinzione di avere qualcosa che non va. Il risultato in alcuni casi è quello di maledire il proprio modo di essere e di trovarsi a fingere di essere estroversi, con tutta la fatica e la frustrazione che può derivarne.

Uno degli ambienti in cui l’introversione non è vista con favore è quello lavorativo. Per fare buona impressione a un colloquio, spesso dà migliori risultati comportarsi come un venditore porta a porta che trasuda cialtroneria piuttosto che mostrarsi tranquilli e di poche ma giuste parole. Il dipendente ideale deve essere energico, loquace, smanioso di lavorare in gruppo, e l’ambiente lavorativo è inevitabilmente impostato in modo da favorire chi ha questo tipo di personalità anziché in modo da valorizzare tutti i tipi di personalità, come evidenziato in questo articolo dell’Economist.

Non c’è un modo di essere migliore e uno peggiore, estroversione e introversione hanno i loro punti deboli e i loro punti di forza, rappresentano due approcci differenti che possono armoniosamente convivere e completarsi a vicenda. Un modo di essere viene percepito come migliore dell’altro nel momento in cui il metro di giudizio è tarato su uno dei due, è lì che neutre differenze si traducono in mancanze da dissimulare. Se bisogni e potenzialità degli estroversi sono più facili da individuare, bisogni e potenzialità degli introversi sono forse meno lampanti ma certo non meno trascurabili.

L’introverso: chi è, cosa non è, perché si nasconde ultima modifica: 2017-02-28T19:10:25+00:00 da Francesca Fabbricatore