Avete mai sentito parlare di ETNA, non il vulcano, I mean, ma il progetto? Se la risposta è no, beh, date una letta e recuperate; potrebbe stupirvi e perché no, magari ispirarvi. Se la risposta invece è sì, potreste darci il vostro parere e raccontarci se ne avete uno tutto vostro, non di vulcano (ancora!), ma di progetto.
ETNA è un progetto con un continuo evolversi che si autodefinisce incessantemente: abbiamo incontrato i tre musicisti/viaggiatori/tutto fare di Catania, la patria dei vulcani, per dare un assaggio a quella esplosività di cui in molti ci parlano.
Oltre ad aver sentito la loro versione di atleticità per il famoso marchio col baffo, averli seguiti per tour italiani a bordo di un elefantino (la macchina) con Joan Thiele, la cantautrice rubacuori sudamericana, li vedremo anche a Genova, al Banano Tsunami in un’esibizione per i ragazzi di CLKTV, la rara clubnight che ogni tanto si fa vedere e sentire nel cuore dei good fellas genovesi.
Chi sono gli ETNA?
“Siamo tre fratelli: due di fatto, e uno acquisito. La musica ha mixato il nostro sangue su di una stessa traccia. Nati a Catania, ci conosciamo da sempre, ma una volta cresciuti siamo andati a vivere in città distanti tra loro, sviluppando gusti e facendo esperienze radicalmente diverse. Abbiamo sempre giocato assieme, ma l’idea di metterci seriamente a collaborare non ci sfiorava, preferivamo fare festa. Casualmente una sera ci siamo trovati a Catania per vacanza, e tornando a casa all’alba assistemmo al risveglio del vulcano, fino ad allora a riposo, in un’attività particolarmente violenta. Chiaramente non siamo tornati a casa, ma fatta la scorta al bar siamo partiti seguendo il richiamo del fuoco, più vicino possibile. Ci siamo addormentati cullati dai boati. È stata la mattina seguente, totalmente a caso, che abbiamo deciso di andare a vivere tutti e tre insieme da qualche parte per unire le forze sul serio. Da qui il nome”.
Quanto ha inciso il vulcano sulle vostre radici sonore?
“L’Etna ci ha sempre fatto da mamma. Imponente, ha sempre vegliato su di noi. Proprio come mamma, quando si arrabbia è veramente difficile da placare, ti fa tremare; diventa inarrestabile. Nonostante ciò la sua vista è sempre rassicurante, sai di essere a casa, lei conosce i tuoi segreti e la sua vista ti mozza il fiato. Sembra accarezzare il cielo. È incontaminata è da sempre il nostro rifugio. Sul vulcano le cose funzionano come in un mondo a sé, anche i suoni. Come se tutto fosse vivo, anche le pietre di lava un tempo incandescenti, adesso a riposo. Il nostro sound vuole essere proprio come noi immaginiamo la voce della montagna, elegante e pacata all’esterno, massiccia e infuocata all’interno”.
Che tipo di ricerca fate? Come si addensa ritmicamente nelle vostre routine di tutti i giorni?
“Siamo tremendamente curiosi. E voraci. Casa nostra non sta mai in silenzio, è un porto di mare: la gente che entra porta sempre qualche novità. Non ascoltiamo niente con pregiudizio, anzi ci piace tutto quello che non riconosciamo al primo impatto. Tutto ciò che ha carattere, dobbiamo sezionarlo per comprenderne lo scheletro. Ma quello di cui siamo realmente innamorati è la semplicità, il riassunto, le due note al posto giusto, fatte con gusto. Dai nostri background diversi, abbiamo imparato a mescolare, per trovare i punti d’incontro che ci mettono d’accordo. Inoltre, a seconda delle occasioni ci piace cambiare impostazione e strumenti. Dal live più acustico, alle macchine elettroniche che sembrano robot del futuro. Noi viviamo lavorando con la musica, facciamo solo questo e non immaginiamo di poter fare altro. Quindi più o meno ogni giorno è scandito dal ritmo di una nuovo artista a noi prima sconosciuto”.
Vi siete trasferiti a Milano: come si vive arrivando da un’isola a una metropoli?
“In realtà prima di trasferirci a Milano abbiamo girato un po’ per i fatti nostri. Jamy giramondo ha mangiato Miami, Londra, Berlino e Barcellona prima di atterrare a Milano, ad esempio. Per di più in realtà la vita di Catania non è tanto diversa da quella di Milano: una città frenetica con molto fermento notturno, un formicaio di gente che va da una parte all’altra, inarrestabile. Quindi l’impatto non è stato così violento, ci siamo adattati facilmente. La cosa che ci piace di Milano è che sia una città dinamica, piena di iniziative interessanti, e contrariamente a quanto si dice in giro, molto calda. Qui abbiamo la fortuna di aver conosciuto un sacco di gente stimolante, con voglia di fare e creare, e chiaramente di partecipare ad eventi dove budget e artisti stanno ad un livello molto più alto di quello a cui mediamente eravamo abituati prima”.
Quanto vi influenza la collaborazione con Joan?
“Con Joan è stato un colpo di fulmine. Siamo passati subito al matrimonio. Dobbiamo confessare che il fatto di aver stabilito un rapporto così profondo ha influenzato fortemente il nostro modo di fare. Adesso poniamo molta più attenzione alla voce e allo sviluppo della melodia. In quanto musicisti in primis, adesso riusciamo a pensare anche come cantanti. Il fatto di abbracciarla mentre canta, rimanendo il più minimal possibile, ci ha spinto a esplorare parti di noi ancora ignote”.
Avete altre collaborazioni nel cassetto?
“La musica è un linguaggio come un altro, con la peculiarità di essere universale. Collaborare con qualcuno vuol dire stabilire un dialogo. Chiunque può farlo, basta un po’ di pratica, la tecnica può essere d’aiuto ma è l’espressione che conta. Come uno scambio di informazioni, un raccontarsi delle storie, c’è sempre da imparare. Per questo siamo sempre aperti a qualsiasi proposta, ed è una cosa che ci piace. Teniamo continuamente collaborazioni. Oltre ad avere il nostro progetto, veniamo chiamati come arrangiatori, producer o musicisti da live. Stiamo mettendo su un vero e proprio studio a casa, quindi chi passa a trovarci spesso finisce per fare jam. Chiunque è il ben venuto”.
Quali elementi costituiscono la vostra ispirazione?
“Questa è la domanda più difficile: in questo siamo molto diversi. Passiamo la maggior parte del tempo insieme, immagazzinando gli stessi input, ma leggendoli con una chiave di lettura diversa. Prendiamo inspirazione da tutto quello che ci circonda, ci piace andare in giro ed analizzare le diverse situazioni. Cosa faccia scatenare una ragazza sul dancefloor, oppure rilassare uno studente durante la sua sessione sui libri? Cerchiamo di immedesimarci in loro: è così che cominciamo a lavorare. Ognuno mettendo la propria interpretazione. In particolare ci piace andare a guardare i bambini che giocano spensierati al parco. E importunare le sorelle più grandi”.
Cosa cercate di trasmettere attraverso i vostri lavori? Secondo voi avete più consapevolezza o più spontaneità in ciò che fate?
“Noi abbiamo sempre un’idea chiara di quello che vorremmo trasmettere, ma e tutto così tremendamente casuale. Voglio dire, quante volte vi sarà capitato di ascoltare una canzone che a voi mette allegria, mentre magari al vostro amico fa provare malinconia? Forse perché ricorda un preciso instante di felicità passata. E magia. La libera interpretazione è la cosa più bella che esista. Cambi la prospettiva con cui osservi qualcosa, e questa si trasforma in tutt’altro. Per quanto riguarda la spontaneità e la consapevolezza nella creazione, posso affermare che bilanciamo entrambe. Tutto ciò che facciamo nasce da uno schizzo spontaneo, quasi sempre per gioco o esperimento, lasciamo che l’idea straripi libera e selvaggia. Solo in un secondo momento curiamo con attenzione tutti i suoni, levighiamo ciò che riteniamo di troppo e passiamo nottate intere davanti ad uno schermo a fare quelle cose simili ai calcoli matematici. Mixaggio e il mastering. Per fare uscire un suono al meglio, in linea di massima, bisogna seguire delle procedure, e di queste bisogna essere consapevoli”.
Raccontateci una storia che vi ha colpito durante le vostre trasferte.
“Siamo pieni di storie. Ogni trasferta è un avventura. Quindi più che raccontarvi una storia, occorre sottolineare il fatto che il nostro paese sia meraviglioso. Politica e stereotipi a parte. Prendete una macchina e fatevi venti minuti di autostrada questa domenica, andate in un posto che non avete mai visto. Godetevi il paesaggio. Abbiamo pezzi di storia ovunque, una fortuna sotto agli occhi su cui non poniamo attenzione. Si mangia da Dio. E la gente, con nostra sorpresa, è sempre stata apertissima e cordiale. Di solito incontri qualcuno in piazza, e questo ti invita a pranzo e poi a fare un giro del luogo. Chissà, magari vi innamorate e trovate la persona con cui condividere il resto della vostra vita. A noi succede continuamente, ma la controparte di solito non è mai convinta allo stesso modo”.
Dove vi vedete tra 40 anni? A Catania o nell’ultra-spazio?
“La risposta a questa domanda è ardua: sarebbe come chiederci dove ci vediamo domani. Se qualcuno lo sa, non ce lo dica, se no sarebbe una noia tremenda. Chi vivrà vedrà”.
Culo??
“Sì”.
[by martyparty]
And now…. Listen!
Hiphop FOR VEUVE CLICQUOT IN LONDON ( opening TINIE TEMPAH ) by Etna on Mixcloud
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