Nel 1997 usciva Gattaca, opera prima del neozelandese Andrew Niccol. Un film di fantascienza che negli anni ha fatto innamorare di sé moltissimi cinefili.
Parlando di fantascienza la mente viaggia dritta verso titoloni che hanno segnato la storia del cinema, da 2001 Odissea nello spazio a Guerre Stellari, da Alien a Ritorno al Futuro, fino ai recenti Matrix e Inception. Tuttavia, dietro a questi capolavori arcinoti, si nascondono altri film di fantascienza di assoluto livello, che non hanno goduto della stessa visibilità ma sono stati rivalutati e trasformati in veri e propri cult. Gattaca è il capostipite di questa sottocategoria.
Il termine Gattaca è stata inventato combinando le lettere iniziali delle quattro basi azotate che compongono il DNA: adenina, citosina, timina e guanina. La genetica, infatti, è la base della trama del film.
In un futuro non molto lontano, gli esseri umani saranno distinti in base al corredo genetico: da una parte i “validi”, concepiti in laboratorio con DNA modificato, dall’altra i “non validi”, concepiti tradizionalmente. In un mondo dove l’ingegneria genetica detta le regole sociali, le persone sono schiave di analisi e statistiche, tanto che già dalla nascita sono note le probabilità di contrarre malattie e viene calcolata precisamente l’aspettativa di vita. Chi non è geneticamente idoneo, viene escluso dall’élite. Vincent (Ethan Hawke), un “non valido”, ha un sogno: diventare astronauta, privilegio consentito solamente ai “validi”. Il film racconta il suo tentativo di fare breccia in un mondo così asettico e calcolatore, e il suo sogno rappresenta ciò che rende l’uomo realmente vivo: l’aspirazione di superare i propri limiti e la curiosità verso l’ignoto.
Gattaca: non esiste un gene per l’anima
Siamo sotto più punti di vista parecchio lontani dalla stragrande maggioranza degli sci-fi moderni. Il ritmo non è serratissimo e il montaggio non è ipercinetico, mentre gli effetti digitali sono ridotti al minimo e sostituiti da una scenografia “fisica” molto curata (la sede di Gattaca è in realtà il Marin County Civic Center, progettato da Frank Lloyd Wright). Ma sono proprio queste novità a rendere magico il film.
L’aspetto più interessante riguarda l’approfondimento sul protagonista, Vincent, concepito tradizionalmente e afflitto da una grave malattia cardiaca. Il suo obiettivo non è salvare il mondo, restituire la libertà al popolo o distruggere un robot gigante. No, la posta in gioco è molto più alta e riguarda la sfera più profonda dell’essere umano. Ciò che spinge Vincent a agire è invece un profondissimo bisogno, una vera necessità primordiale di superare il proprio limite, senza smarrire se stesso. C’è forse qualcosa di piu puro di questo sogno? Lui è un “nato per fede”. Fin dalla nascita sa di non poter superare i trent’anni. E così investe tutte le sue energie nel dimostrare che lo spirito umano, la determinazione, la caparbietà e la speranza possono andare oltre la genetica, oltre la scienza, mettendo in gioco solamente la propria anima.
Nella seconda parte del film assistiamo poi a un momento che smuoverebbe le montagne con la sua forza emotiva. La nuotata di Vincent con il fratello geneticamente modificato Anthony è infatti un momento struggente, poetico, bellissimo: da piccoli i due fratelli si divertivano a nuotare verso il largo fino allo sfinimento, e Vincent ha sempre perso, costretto a tornare a riva dalla sua incurabile malattia. Ma dopo una vita di sacrifici, sforzi, dedizione e forza di volontà, Vincent supera l’insuperabile fratello, costretto ad abdicare per primo nella folle nuotata verso l’orizzonte.
Vanno spese due parole per le musiche dell’inglese Michael Nyman (noto per aver dedicato praticamente una carriera intera alla creazione di colonne sonore, una su tutte, quella di Lezioni di piano) che contribuiscono splendidamente a creare un’atmosfera unica, quasi metafisica. A volte si ha l’impressione di essere di fronte a qualcosa che è oltre il film, oltre la fantascienza, in un regno che forse può essere solo quello dei sogni.
E il cast? Nonostante un budget ridotto e una confezione non proprio commerciale, i tre personaggi principali sono interpetati da vere e proprie star che all’epoca si affacciavano con prepotenza nel grande cinema: Ethan Hawke, Jude Law e Uma Thurman.
In conclusione, Gattaca risulta essere un film intelligente, interessante, riflessivo e allo stesso tempo coinvolgente, perché quando la penna dello sceneggiatore vira con saggezza su lidi fantascientifici, i risultati sono spesso virtuosi.
Questa pellicola è ancora per certi versi insuperabile in quanto a profondità del racconto e invenzione narrativa, e si è guadagnata il rispetto che molti film milionari non hanno mai raggiunto.