“Illuminance” è il progetto fotografico che ha portato l’arte di Rinko Kawauchi al di fuori dei confini giapponesi. Quindici anni di scatti di vita quotidiana raccontata attraverso dettagli che evocano il ciclo della vita in un’atmosfera onirica dal forte impatto emozionale.
“From the black ocean comes the appearance of light and waves. It helps you imagine birth. I want imagination in the photographs I take. It’s like a prologue. You wonder, ‘What’s going on?’ You feel something is going to happen.” (Rinko Kawauchi)
Rinko Kawauchi nasce a Shiga, in Giappone, nel 1972. Frequenta il Seian Junior College of Art and Design dove scopre la passione per la fotografia. Nel 2001 pubblica contemporaneamente i suoi primi tre libri fotografici, “Hanako” (il nome della protagonista del libro), “Utatane” (siesta) e “Hanabi” (fuochi d’artificio). Nel 2002 riceve il prestigioso premio giapponese “Kimura Ihei”, e pubblica numerosi volumi, tra cui “Aila” (famiglia), “The eyes, the ears” (gli occhi, le orecchie), e “Cui Cui” (sulla sua famiglia). Collabora principalmente con case editrici giapponesi fino al 2011, quando pubblica “Illuminance” con Aperture, New York, che gli regala visibilità a livello internazionale.
Ed è proprio di “Illuminance” che vorrei parlarvi. Questo splendido volume, edito da Aperture, raccoglie le immagini che Kawauchi ha scattato negli ultimi 15 anni.
Ci sono tre cose che vanno menzionate quando si parla del lavoro di Rinko Kawauchi: l’importanza della sequenza, i temi quotidiani e il formato. Le sue immagini raccontano delle storie fatte di piccoli dettagli quotidiani, che pochi notano.
Il formato è caratteristico del suo lavoro. Kawauchi scatta con una Rolleiflex, con una pellicola 6×6, non a caso. La peculiarità del formato 6×6 le dà la possibilità di creare una composizione virtualmente perfetta, con un equilibrio più adatto a esprimere la sua visione della realtà. Personalmente sento una particolare affinità con il formato 6×6, lo trovo bilanciato e armonioso.
I soggetti rappresentati in “Illuminance” sono quelli della quotidianità. Kawauchi è la fotografa delle cose comuni, di tutti i giorni, ma mai banali. I suoi soggetti sono fiori, spirali, sigarette, bambini, finestre, insetti illuminati da fasci di luce o in penombra. Si nota subito un’atmosfera onirica, in cui i soggetti si fondono nella luce che si dissipa o nelle ombre che li avvolgono. Le immagini sono a volte intenzionalmente sovraesposte, ma il risultato è sempre squisito.
Kawauchi è interessata a descrivere il ciclo della vita, che si svolge incessante nello scorrere del tempo. Le immagini offrono momenti passeggeri, (come il fumo di una sigaretta, un riverbero o un riflesso), vita e morte; sono lievi e mai morbose.
Infine, la sequenza: la caratteristica più importante per Kawauchi. Parte essenziale è infatti il lavoro di raffinata selezione con cui sceglie e ordina le fotografie. In “Illuminance” le immagini sono da osservare in serie e sono legate l’una all’altra per associazione: a seconda dei colori (con toni tendenzialmente ben definiti, freddi e pacati), delle forme (soprattutto spirali, cerchi e triangoli), delle atmosfere (surreali, a volte tra sogno e veglia) o del significato. L’intenzione di Kawauchi è proprio quella di far apprezzare le immagini come parte di una narrazione, in cui perdono significato se considerate singolarmente.
Kawauchi va oltre l’immagine in sé, le sue scelte estetiche e filosofiche si attuano nell’espressione fisica delle pagine stampate. Sfogliare “Illuminance” diventa un’esperienza personale, in un gioco di associazioni libere. Come spesso accade nel processo creativo, le immagini di Kawauchi nascono da un determinato spunto e poi si trasformano negli occhi dell’osservatore, a seconda del vissuto personale. Ricordi, emozioni, luoghi del passato, riaffiorano in superficie e si accostano alle immagini in maniera organica, in un sublime processo emotivo.
“It’s not enough that [the photograph] is beautiful. If it doesn’t move my heart, it won’t move anyone else’s heart.” (Rinko Kawauchi)
© Rinko Kawauchi (Photographer)
[Davida Carta]