Gli animali sono macchine straordinarie: possono vivere in deserti con temperature da forno inceneritore, oppure in lande più fredde della Viennetta. In questo articolo parliamo proprio degli adattamenti a quest’ultima condizione, il freddo in natura.
Nelle ultime vacanze di Natale abbiamo visto piste sciistiche d’erba anziché di neve e un Santa Claus trainato da dromedari, al posto dalle ormai superate renne. Non significa che gli animali, nel corso della loro evoluzione, non abbiano sviluppato adattamenti al gelo da far invidia all’inventiva di qualunque scrittore fantasy. YURY quark, dopo i migliori adattamenti al caldo, vi racconta i nove fantastici metodi per resistere alle basse temperature.
1 – Elementi crioprotettivi
Le rane sono notoriamente animali dal colore verde o marrone, ma se vi trovate a fare una deliziosa passeggiata nel Circolo Polare Artico, potreste anche incontrarne di blu. Questa colorazione viene assunta quando la Rana sylvatica si congela per il freddo, manco fosse un prodotto del banco freezer. Il record di vita in questo stato è di, udite udite, 7 mesi! Perché ciò sia possibile, la rana concentra tutti i liquidi che possono congelare in organi non vitali, come ad esempio vescica e stomaco. Poi riempie tutte le cellule indispensabili di glucosio, che funziona come crioprotettivo, abbassando il punto di congelamento dei liquidi corporei.
2 – Sostanze anticongelanti
In Antartide, come immaginerete, l’acqua è decisamente fredda. Non è facile immaginare come i pesci che ci abitano evitino di diventare bastoncini Findus, trovandosi costantemente a temperature tra i -1.4° e i -2.2°. Il motivo è la presenza, nel loro organismo, di proteine anticongelanti, zuccheri che non permettono alle molecole d’acqua di legarsi tra loro e formare cristalli di ghiaccio.
Diciamo che i nostri meccanici e il loro antigelo sono stati anticipati di appena 65 milioni di anni, in dimensioni molto ridotte, da pesci dall’aspetto non proprio astuto.
3 – Letargo
Un’altra ottima strategia per sopravvivere al freddo è aspettare che questo sia passato, standosene comodamente a dormire nella propria tana fino a primavera. Chi, in una giornata invernale particolarmente fredda e magari piovosa, non ha mai detto “quanto vorrei risvegliarmi a marzo”? Ma poi, sappiamo cosa realmente comporti questo invidiato adattamento? Lo immaginiamo che dovremmo diventare obesi durante l’autunno, per sopravvivere? Un animale in stato letargico rallenta la respirazione e il battito cardiaco, riduce l’attività metabolica e abbassa la sua temperatura corporea fino sotto i 5°. Per riuscire a sopravvivere a questo stato di semi-morte, gli animali devono scaldarsi tramite movimenti involontari dei muscoli che dissipano calore a discapito delle riserve di grasso (se si dissipa troppo non ci si risveglia, solitamente). Ancora invidiosi delle morbide marmotte (Marmota marmota) e del loro pericoloso sonno?
4 – Riposo invernale
Questo adattamento può sembrare simile al letargo, perché anche qui gli animali se ne stanno a dormire nei loro nidi e nelle loro tane. Ma la durata del sonno è notevolmente diversa: si tratta dei soli giorni più freddi della stagione invernale. Un bel salto. Lo scoiattolo, ad esempio, se ne sta rintanato a ronfare quando fuori c’è un tempo da lupi. Se le temperature sono più miti invece se ne va in giro a cercare cibo nelle sue dispense, create con amore e dedizione durante l’anno.
5 – Torpore
Certi piccoli animali omeotermi, cioè con una temperatura corporea differente da quella dell’ambiente in cui vivono, presentano un tasso metabolico altissimo (ottimi esempi sono i colibrì delle Ande e i toporagni).
Per sopravvivere dovrebbero mangiare in continuazione, teoricamente anche mentre dormono: come fare a non schiattare quando le temperature sono a dir poco rigide? Facile, si cade in torpore! Durante la notte queste bestioline riescono a ridurre la propria temperatura corporea di 15-20°, diminuendo il consumo di ossigeno e, di conseguenza, il dispendio energetico.
6 – Dispersione
Molti animali che si trovano a dover sopravvivere in situazioni estreme hanno un unico imperativo: limitare la dispersione di calore. Per fare ciò è opportuno dotarsi di lunghi peli isolanti o di un bello strato di piume che possano intrappolare l’aria a contatto col corpo, più calda di quella ambientale, per poi utilizzarla come fosse un giaccone. È molto vantaggioso anche ridurre la superficie delle parti del corpo più esposte al freddo e più difficilmente difendibili: abbasso le orecchie a parabola della volpe del deserto, viva i moncherini della volpe artica!
7 – Blubber
Poiché sarebbe decisamente scomodo indossare una pelliccia nuotando nel mare (diventerebbe pesante come il piombo in circa 4 secondi e ti farebbe morire affogato), i cetacei utilizzano uno strato di grasso sottocutaneo che prende il nome di blubber. Serve a isolare dall’acqua, mantenere costante la temperatura corporea e costituire una riserva di energia, spendibile nelle migrazioni. Certe balene hanno strati di grasso spessi 150 cm: il nostro caro Thor (Chris Hemsworth in Heart of the sea) ha avuto di che arricchirsi!
8 – Migrazione
Un ottimo metodo per sopravvivere al freddo è… Evitarlo! Certo, detto così sembra banale e scontato, una manovra un po’ sporca, addirittura. Ma pensate a tutti quegli animali sprovvisti di magici meccanismi fisiologici per combattere il gelo. Attraversano regolarmente e su rotte ben precise chilometri e chilometri per arrivare in ambienti più adatti a loro, rischiano la vita attraversando deserti, catene montuose o oceani per trovare una fonte di cibo, che magari non è sempre disponibile negli stessi posti, o per arrivare ai siti di riproduzione.
Le nostre simpatiche rondinelle (Hirundo rustica), per non restare in Italia nella brutta stagione, si fanno quel facile viaggetto che le porta in Nigeria e in Gabon. Ci sono persino delle farfalle migratrici, le farfalle monarca (Danaus plexippus), che per cambiare habitat attraversano tutta l’America!
9 – Prole
Tutti questi adattamenti sono interessanti e strategici. Al tempo stesso sono però decisamente rischiosi, oltre a richiedere molta fatica. Cosa possono fare quegli animali che non riescono ad avere abbastanza energie per passare l’inverno o che hanno un ciclo vitale incapace di prendere in considerazione la visione di due primavere? Senz’altro possono sforzarsi in tutti i modi per trasmettere i propri geni alle generazioni future, prima di morire di stenti. Certe cavallette (e come loro moltissimi altri insetti) iniziano la deposizione delle uova a fine estate e, terminato il loro compito, tirano le cuoia. Le uova resistono all’inverno e si schiudono nella primavera successiva. Beata la prole, che ancora non sa cos’è la neve…
[Aldo Bafico]