I nostri giorni a Venezia sono già finiti. La 72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ci ha lasciato tanti spunti, tra conferme, piacevoli sorprese e qualche delusione. Ecco cosa abbiamo visto (e cosa vedrete anche voi).

L’assegnazione del Leone d’oro a Desde Allà del venezuelano Lorenzo Vigasinsieme a quella della Coppa Volpi a Valeria Golino, ha chiuso la Mostra del Cinema di Venezia 2015. Un’edizione ricca di spunti, con film da Oscar, altri di nicchia, grandi maestri e autori in ascesa.

C’è stato un po’ di tutto, con un comune denominatore: l’adesione alla realtà. Nel cinema l’uomo mette in scena sé stesso, cercando di dare un senso al mondo che lo circonda. Per indagare il reale, dunque, si può scegliere la metafora della fantascienza, spesso geniale quando analizza, diverte e anticipa sul nostro futuro. E poi ci sono le storie reali. O più vere del reale. Se il festival ci ha comunicato qualcosa, è che non servono astronavi e super poteri per stupire il pubblico. L’uomo, con le sue imprese e la sua brutalità, basta e avanza.

Molto spazio alle storie vere quindi, a partire dal film di apertura e fuori concorso Everest, recensito da YURY nei giorni scorsi insieme a due film in concorso: l’italiano A Bigger Splash (con Tilda Swinton e Ralph Fiennes) e Beasts of No Nation, dal regista di True Detective, Cary Fukunaga.

I migliori film di Venezia 72, in uscita nei prossimi mesi

Dopo aver colorato la nostra permanenza al Lido con un paio di party serali davvero esclusivi (dove si erano dimenticati d’invitarci), abbiamo mantenuto un approccio discretamente sobrio, che ci ha portato a questi numeri: in 4 giorni e mezzo di Festival, abbiamo collezionato 14 proiezioni, una dozzina di conferenze stampa e una miriade di sbadigli. Sì, perché le code per entrare in sala sono lunghe, le ore di sonno poche (prima proiezione alle 8.30, ultima alle 22.30) e la palpebra tutto questo non lo tollera più di tanto. Ebbene, nonostante qualche cascata di capo, ci siamo fatti un’idea di cosa proponesse il programma di quest’anno e di quelli che quindi saranno i film in uscita nei prossimi mesi, i #filmdalfuturo, insomma.

Il caso Spotlight

Il migliore per il coinvolgimento, il più applaudito. Il cinema americano d’impegno civile non si assestava su questi livelli dai tempi di Tutti gli uomini del presidente. Spotlight, che è il nome di una sezione del Boston Globe, racconta come nacque l’inchiesta giornalistica che nel 2002 diede il via al più grande scandalo moderno che abbia coinvolto la Chiesa cattolica. Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams e Stanley Tucci sono i protagonisti di un’indagine appassionante, arrabbiata e necessaria. Un thriller giornalistico che scomoda le coscienze. Presentato Fuori concorso, prossimamente in Italia con il titolo Il Caso Spotlight.

The Danish Girl

Il migliore per la recitazione. Dopo La Teoria del Tutto, Eddie Redmayne non ha limiti. Accolto come nessun’altro, è stato l’attore più amato del Festival e pare uno dei più amati in questo momento al mondo. Redmayne interpreta qui Lili Elbe, la prima transessuale “M to F” della storia, la prima a sottoporsi a intervento chirurgico. Il film, una storia d’amore su come amare se stessi, in realtà non è un granché. Ma non si può non provare tanta commozione e ammirazione per l’attore e per il personaggio protagonisti, due esseri umani straordinari. Nel cast anche la svedese Alicia Vikander e la signora Depp, Amber Heard. Presentato In concorso, in sala dal 4 febbraio 2016.

The Childhood Of A Leader

Il migliore per originalità. Opera prima da regista dell’attore classe 1988 Brady Corbet (Melancholia, Thirteen), è un sinistro ritratto delle origini del male, ispirato alle esperienze d’infanzia di molti grandi dittatori del XX secolo. Unico film di tutto il Festival girato in pellicola, ha una ricchezza stilistica notevole, conseguenza della geniale incoscienza artistica dell’esordiente Corbet, mosso da forti ideali pro-analog: “con il digitale le immagini sono diventate insignificanti, piatte, facili. La pellicola invece ha ancora carattere, la si può toccare con mano. È come un umano contro un robot”.

In un ruolo minore ma decisivo compare Robert Pattinson, che come l’ex vampiressa Kristen Stewart (In concorso con il futuristico e apprezzabile Equals) si è scollato di dosso il passato ed è sempre più protagonista del cinema d’autore. Presentato nella sezione Orizzonti, dedicata ai film rappresentativi di nuove tendenze estetiche ed espressive del cinema mondiale, dove ha vinto il premio come miglior regia e miglior opera prima.

Janis

L’intimo ritratto di Janis Joplin, dea della musica rock anni anni 60 e 70, ha convinto tutti. Dopo i film su Jim Morrison, Jimi Hendrix, Kurt Cobain e, prossimamente, su Amy Winehouse, mancava solo lei per completare la rassegna cinematografica del cosiddetto “Club dei 27”. Rispetto ai colleghi, però, sembra che Janis potesse superare la sua fase autodistruttiva, ed è in questa dimensione nostalgica e di rimpianto che il film riesce meglio. Un documentario capace d’indagare con tatto e la giusta dose di celebrazione un’icona femminile che ha cambiato la storia della musica. Gianna Nannini non ha voluto perdersi questo speciale appuntamento, abbandonando gli studi dove sta registrando il nuovo album. Presentato Fuori concorso, in sala dall’8 ottobre.

L’attesa

L’Attesa di Piero Messina, o l’attesa che il film finisse perché stavamo crollando ma non volevamo fare la figuraccia di ronfare in mezzo alla sala Darsena? Anna (Juliette Binoche), reduce dal lutto improvviso del figlio Giuseppe, trascorre le sue giornate in solitudine. Ed ecco improvvisamente arrivare Jeanne, una giovane che dice di essere la fidanzata di Giuseppe. Anna ignora l’esistenza di Jeanne, e non riesce a rivelare una verità per lei impronunciabile. Assistente alla regia per Paolo Sorrentino, Messina non ha la stessa capacità di associare immagini lente e oniriche con significati forti e conturbanti. La colonna sonora (che apre con la bellissima “Missing” dei The xx), Juliette Binoche e la giovane emergente Lou de Laâge fanno il loro dovere, ma non risollevano un’opera noiosa e solo apparentemente ben confezionata. Presentato In concorso, in sala dal 17 settembre.

Black Mass

Il polverone creatosi per la disgraziata foto del red carpet ha un po’ distolto l’attenzione dal Johnny Depp attore, eccellente in questo crudo ritratto della Boston anni ’70, dove nacque la scellerata alleanza tra il criminale Jimmy Bulger (Depp) e l’FBI, che si fece manipolare permettendo a Bulger di consolidare il proprio potere e diventare uno dei gangster più spietati e potenti della storia americana. Film di questo tipo, dove “la carta conta meno del sangue e dell’onore”, se ne sono già visti, ma non per questo Black Mass risulta meno efficace. Dirige Scott Cooper (Il fuoco della vendetta, Crazy Heart), nel cast anche Benedict Cumberbatch. Presentato Fuori concorso, in sala dall’8 ottobre.

Francofonia

Il Maestro. Non poteva mancare la firma di un mostro sacro: Aleksandr Sokurov, che qualcuno avrà sentito nominare per il famoso Arca russa, girato con un unico piano sequenza di un’ora e mezza, ha già vinto il Leone d’oro nel 2011, ed è uno di quelli a cui ci si rivolge usando la parola Maestro. Il suo film, girato all’interno del Louvre, intreccia storia e finzione per interrogarsi sul valore dell’arte. Le parole del Maestro: “la pittura ci fa capire chi siamo noi europei. I visi dei quadri ci fanno entrare nello sguardo dell’altro, ci invitano a comprenderlo, tramite un processo tenero e delicato, non aggressivo. Questa è la base della cultura. Proteggetevi, difendetevi con la vostra cultura. “Francia”, “Italia”, “Germania”, nel mio paese sono ancora parole magiche”. Prossimamente in sala.

Johnny Depp, il maestro Sokurov e altri amici che ci siamo fatti a Venezia 72

La Mostra del Cinema di Venezia è un’occasione (a peso) d’oro per il pubblico. Oltre alle proiezioni di grandi classici restaurati, come Amarcord di Fellini, per non dimenticare mai che un cinema senza memoria è un cinema senza futuro, si possono vedere in anteprima mondiale i film in lingua originale. Si sta a contatto con un’industria magica, che per una volta può sembrare meno lontana e irraggiungibile. Ma l’esperienza è impagabile anche per i giornalisti, che si possono confrontare direttamente con i protagonisti del loro stesso lavoro, e per i professionisti di quest’industria, che tessono la loro preziosa rete di relazioni per i film del futuro.

Chiudiamo con le annotazioni dalla sala conferenze, dove ci siamo divertiti a osservare i nostri beniamini da vicino. Kristen Stewart ha mostrato ancora una volta tutto il suo carattere, monopolizzando la conferenza nei confronti del regista del film (Equals) e del co-protagonista ed ex ragazzino di About a boy Nicholas Hoult. Il suo sogno è quello di fare la regista: vista la grinta degna di Rino Gattuso, non dubitiamo che lo realizzerà entro breve. Johnny Depp, come detto, è stato ingiustamente oggetto di critica. Sì, è sovrappeso, ma no, non ha perso quell’aurea unica che comunque fa di lui “Johnny Depp”, diamine. Sorridente e pronto a spiegare le pieghe del suo personaggio, un cattivo mica da ridere, che comunque ha affrontato con una certa serenità: “La mia parte cattiva l’ho conosciuta anni fa. Siamo vecchi amici, direi…”. Il Maestro Sokurov e il Leone d’oro alla carriera Frederick Wiseman si sono dimostrati prontamente dei veri signori, giustificando l’enorme rispetto che il mondo del cinema nutre verso di loro. Sokurov ha voluto stringere la mano a tutti i giornalisti che si erano avvicinati a lui dopo la conferenza, andandoli a pescare anche quando titubavano (noi invece lo abbiamo assaltato subito).

Menzione speciale per altri due attori. Uno è Shia LaBeouf, rigenerato nel look (una pelata da vero marine) e nel lavoro: “per un po’ ho scelto i film solo perché il regista era uno di quelli con cui avrei voluto lavorare almeno una volta nella vita. Ora invece scelgo i progetti in base ai rapporti personali, mi piace lavorare con persone con cui ho un legame, con cui condivido qualcosa.” E i risultati si vedono, vista l’ottima prova nel film d’autore post-apocalittico Man Down (sezione Orizzonti).

L’altra citazione è per il nostro amicone Mathias Schoneaerts, attore belga che ci ha preso in simpatia e si è fermato qualche minuto a parlare con noi dopo la conferenza stampa di rito. Forse sapeva che in redazione abbiamo Jack.Tro, penna della sezione serie tv emigrato a Bruxelles.

Ad ogni modo, speriamo di ritrovarlo nei prossimi festival, a partire da febbraio con la Berlinale.

#Venezia72: i migliori film in anteprima dalla mostra del cinema ultima modifica: 2015-09-14T19:05:49+00:00 da Alessio Rocco