Nymphomaniac, ultima pellicola di Lars von Trier, si è completata nelle scorse settimane con la proiezione del volume secondo nelle nostre sale cinematografiche. Il film è un bocconcino prelibato, peccato che i buongustai italiani siano davvero pochi.
Va bene, va bene, lo ammetto: ho toppato. Chi ha letto la mia recensione della prima parte di Nymphomaniac, avrà notato che davo per certo il fatto che la seconda sezione del film si sarebbe rivelata “l’esplosione della ninfomane”. E invece… nessuna esplosione. Non visiva, quantomeno. Ora vi spiego come mai.
Avevamo lasciato Joe (Charlotte Gainsbourg) nella stanza di Selingman (Stellan Skarsgård), dopo che aveva cominciato il racconto della sua infanzia, dell’incontro con il sesso, la presentazione del primo di un’infinita sequela di partner sessuali, fino ad arrivare alla ninfomania vera e propria. L’esibizione del disagio emotivo e sessuale di una donna nel pieno della sua maturità, che non riesce a fare a meno di copulare con qualsiasi essere maschile (e non) che le capiti a tiro, era già stata esauriente e più che esplicita nel vol.1.
Con il volume 2 del film, Von Trier, non fa altro che proseguire la narrazione della storia della vita di Joe. Una vita che si condisce dell’incapacità di amare un marito (o quantomeno di anteporre il suo amore per lui ai piaceri della lussuria), dall’impossibilità di raggiungere l’orgasmo (i suoi tessuti e le pareti vaginali sono così lacerate e usurate da non rispondere più agli stimoli) e dalla ricerca di ciò che è più estremo, partendo dai rapporti sadomaso fino ad arrivare allo strozzinaggio come mestiere (al soldo di uno splendido – quanto spietato – Willem Dafoe).
La seconda parte dell’opera di Trier è decisamente meno votata al narcisismo, non esiste nessuna ricerca spasmodica della “bella ripresa” o dello scorcio di fotografia atto a lasciare a bocca aperta lo spettatore. Il signore e padrone di Nymphomaniac vol 2 è un incredibilmente intricato (e intrigante!) ragionamento sul sesso, sull’auto-accettazione (“I love my filthy, dirty lust!” = 90 minuti di applausi) e sulla natura (bastarda e corrotta) dell’essere umano.
Dopo aver visto Nymphomaniac nella sua completezza posso dire che è un film estremamente intelligente, provocatorio e che anticipa i tempi della nostra penisola. Tagliuzzato, censurato e proiettato nelle sale per una manciata di giorni (per vedere la seconda parte sono dovuto andare a pescare il più piccolo cinema della città, l’unico che lo aveva in programmazione) questo film dimostra quanto siamo (purtroppo) un piccolo popolo.
Mentre il mondo aspettava di celebrare il genio e l’arte del folle cineasta di Copenaghen, in Italia si discuteva se fosse stato il caso che il film venisse distribuito e proiettato nelle sale: “Nymphomaniac scandalizzerà l’Italia!“, tuonavano i giornali pochi mesi fa.
Tristezza profonda.
L’Italia attuale e lo spettatore medio (le sole ventitré persone presenti in sala ne sono la desolante dimostrazione) non sono pronti per il visionario cinema di Trier e probabilmente non lo saranno mai.