Da frontman dei System Of A Down a solista giramondo. Dai grandi festival ai piccoli teatri. Dal growl agli acuti. Questa è la prima parte della monografia su Serj Tankian targata YURY magazine. Ai nostalgici dei SOAD è consigliata l’astensione dalla lettura.
Quando avevo quindici anni il mio gruppo preferito erano i System Of A Down. Potete dunque immaginare la mia reazione alla lunga pausa che decisero di prendersi nel 2006, dopo l’uscita del doppio album Mezmerize/Hypnotize. Una pausa che assomigliava sinistramente alle tregue riflessive che si prendono le coppie quando si stanno mollando ma non hanno il coraggio di ufficializzarlo.
Tuttavia, come ci insegna Bradley Cooper, c’è sempre un lato positivo. Subito dopo lo hiatus, tutti i membri della band si sono immersi nei loro progetti alternativi: Daron comincia il percorso che lo porterà a pubblicare Scars On Broadway insieme a John, Shavo decide di buttarsi in un progetto crossover con RZA e Serj ha finalmente l’occasione di concentrarsi sul suo album da solista.
Serj ha già avuto progetti paralleli. Ha collaborato con un grande numero di artisti, tra cui Tom Morello, Flea e Maynard James Keenan per un progetto chiamato Axis Of Justice, culminato in un album live. Inoltre, ha dato alla luce Serart, un disco tarantolato e dalle influenze più disparate in coppia con il polistrumentista e amico Arto Tuncboyaciyan.
Serart è il vero e proprio specchio delle sue abilità nel padroneggiare ogni genere di musica e della sua voglia di sperimentazione che lo porterà a pubblicare una sinfonia e un album jazz nel 2013.
Ma torniamo nel 2007. Serj mostra il videoclip di “The Unthinking Majority” in anteprima sul suo sito internet ed io rimango spiazzato. La canzone parte con una durissima accelerazione punk e il quasi urlato di Tankian raggiunge la sua ottava più alta. Poi si ferma bruscamente nel passaggio a un giro di piano seguito dalla strofa in cui Serj torna baritono, accompagnato da una chitarra più pulita.
Al primo ascolto, con le orecchie ancora colme di passate glorie come “Sugar”, “Toxicity” e “Chop Suey”, la voce estremamente pulita (e notevolmente migliorata) di Serj e il piano che ha un’importanza cruciale durante tutto l’album, mi lasciarono contento a metà. In ogni caso, questo non è il momento di parlare dei miei scheletri musicali nell’armadio.
Il singolo che segue è “Empty Walls”, un blend perfetto di hard e soft impreziosito da melodie estremamente efficaci e un ritornello da cantare a ripetizione. Se tutto questo non fosse abbastanza, la canzone contiene un’aspra critica alla missione americana in Iraq e il video che la accompagna è letteralmente da pelle d’oca: ripropone in sequenza gli avvenimenti che hanno portato alla guerra e gli scontri susseguenti, il tutto interpretato da un gruppo di bambini nella sala ricreazione, che si conclude con l’arrivo di un caduto di guerra proprio davanti agli occhi dei piccoli.
Finalmente esce Elect The Dead, l’album che dopo le due prime tracce già citate propone una serie di canzoni stilisticamente simili, ma sempre diverse e accattivanti. Meritano una menzione speciale “Money” e “Sky Is Over”, anche se dal profondo del cuore vi invito a godere di tutte loro, una dopo l’altra. Tutte fino al trittico finale composto da “Praise The Lord And Pass The Ammunition”, ovvero Serj che dà sfogo a tutta la sua pazzia e ironia, “Beethoven’s Cunt” (La fica di Beethoven), canzone criptica dal titolo geniale, e “Elect The Dead”, la title-track che chiude questo album favoloso con una marcia funebre al piano.
In definitiva, Elect The Dead è lo scientifico lavoro di un alchimista che col suo bilancino dosa perfettamente ogni genere musicale, generando un mix non del tutto innovativo ma decisamente peculiare e ben riconoscibile. Serj riesce inoltre a conferire all’album uno stile ben definito con rari e preziosi sprazzi di imprevedibilità che regalano una marcia in più a un prodotto musicale solido e di alto livello, adatto agli ascoltatori più “easy” ma anche a quelli che cercano qualcosa in più.
Le tematiche dell’album e i testi spesso molto diretti del vocalist armeno spaziano dall’amore alla critica sociale, una scelta sicuramente personale – come sapranno i fan di vecchia data – ma che rende l’album ancora più universale e adatto a ogni tipo di pubblico.
Subito dopo parte il tour mondiale, ma la mente musicale di Serj non sta mai ferma. Ha già in mente il prossimo entusiasmante e stimolante progetto: Elect The Dead Symphony.
Questo passo sarà molto importante per la sua carriera, perché lo metterà per la prima volta davanti alla responsabilità di confrontarsi con un’orchestra, i cui arrangiamenti sono curati da John Psathas. Questa esperienza sarà un vero e proprio allenamento per quello che accadrà in futuro.
Lo show realizzato grazie alla partecipazione della Auckland Philharmonia Orchestra è qualcosa di poetico. Le canzoni vengono avvalorate dall’arrangiamento orchestrale e la voce si staglia brillante e potente, accompagnata dalle magiche armonie realizzate da un’ensemble di 70 elementi.
Al posto di “The Unthinking Majority” e “Praise The Lord And Pass The Ammunition”, alla scaletta sono aggiunte le ottime b-side “Blue” (si, quella dei SOAD) e “Falling Stars”, il singolo “The Charade” e “Gate 21”, che verrà pubblicata nel successivo Imperfect Harmonies.
Questo è quanto per questa settimana. Non resta che leggere la seconda parte della monografia dedicata a Serj Tankian per soddisfare i vostri appetiti armeni.