Esperimento socio-psicologico. Le nostre reporter d’assalto hanno intervistato sotto mentite spoglie i giocatori delle slot machine e i negozianti che le ospitano nel proprio esercizio in tre punti diversi della città di Genova: stazione, centro città e centro storico. Ecco cosa hanno risposto gli intervistati.
Tutti sono consapevoli dei rischi del fumo, ma chi fuma sceglie di fare volontariamente orecchie da mercante. Lo stesso succede con le slot machine, anche se molti addirittura tendono a negare l’evidenza di una consolidata ludopatia. Degli avventori delle slot sappiamo ormai che sono di vario tipo, genere ed età grazie a i9diYURY, ma ancora non abbiamo compreso cosa scatti loro nella testa per lasciarsi andare a un comportamento così insensato. Per questo, dopo aver intervistato proprietari e clienti, abbiamo provato a darci alcune spiegazioni.
Stazione Brignole
1. Intervistato A (uomo)
Gioca spesso alle slot machine?
Quando tengo voglia gioco. Io tengo autocontrollo. La moglie lo sa che gioco. Una volta al mese, non sono un malato.
2. Intervistato B (donna)
Come mai è qui a giocare alle slot?
Aspetto di andare a lavorare. Ma non fatevi idee strane, io leggo tanto. Non si direbbe ma leggo tanto e tutto. Sono piena di libri. Non si direbbe dato che gioco alle slot machine.
Viene spesso qui a giocare?
No, qui non ci vengo mai. Ora, a parte gli scherzi, non ci vengo quasi mai. Ma dato che devo aspettare l’una e venti (erano manco le 12)… ora non so come fare a ritirare (ha vinto) e non giocherei già più, ma non so come si fa (rumore frastornante di monetine).
Sa qual è il rapporto vincita/perdita alle slot?
Chiunque le abbia detto che si vince, non è vero. Vince sempre la macchinetta. Poi, io non sono una di quelle che esce di casa per andare a giocare. Non si vince mai. Non è questo il modo per passare il tempo.
Non è più divertente con giochi come il flipper?
Magari lo trovassi da qualche parte, ma non c’è l’ha più nessuno… il calcetto non ce l’ha più nessuno… ma perché queste macchinette (le slot) rendono molto di più. Non mi stupirei di trovarle pure in chiesa.
3. Intervistato C (Proprietario tabacchino)
Come mai ha scelto di mettere le slot nel suo negozio?
È una legge di mercato, se il mercato ha una richiesta è chiaro che è lecito soddisfarla.
C’è molta richiesta?
Sì, è un punto strategico poi.
Durante la giornata ci sono momenti di “picco”?
Più o meno trovi sempre, poi chiaramente dopo le cinque di sera, quando la gente smette di lavorare, vengono un po’ più persone.
Lei gioca?
Si ogni tanto, ma non sono un giocatore. (ovvio)
Centro città
1. Intervistato D (barista)
Perché ha deciso di introdurre le slot nella sua attività?
Mi sono svegliato un giorno dispari e ho deciso di arredare il bar e le ho messe. (simpatico!)
C’è molta richiesta di azzardo?
Certo. Se non ci fosse la frequenza non ci sarebbe ragione di metterle. La ragione è a monte. Dato che fate psicosociologia dovreste cercare il problema a monte. Avere le bottiglie di alcolici qua, non vuol dire che il problema dell’alcolismo sia dovuto alle bottiglie nel locale, ma si beve per altri problemi. I motivi vanno cercati prima. Una persona perché beve? Una persona perché gioca? Una persona perché si droga? Non è il gioco, il motivo è prima. Il problema non è perché la gente viene a giocare, non è solo l’atto fisico del venire al bar, anche perché si gioca anche su internet nelle sale gioco. La persona viene a giocare per determinati motivi… e qua ci sarebbe da aprire un capitolo. (abbiamo un sociologo!)
Vengono a giocare più giovani o anziani?
I giovani cerco di non farli giocare, per ovvi motivi. Però purtroppo sopra i 18 anni possono fare quello che vogliono. Comunque tendenzialmente appartengono a una fascia di età medio/alta.
Centro Storico
1. Intervistato E (barista)
Ha deciso di mettere le slot nel bar per una questione commerciale?
Mah, in realtà non ci guadagniamo tanto, ci guadagna lo Stato.
Viene molta gente a giocare?
Sì… e certi sono dipendenti. Comunque noi le abbiamo da pochissimo. Più che altro, ripeto, ci guadagna lo Stato.
Ogni tanto gioca anche lei?
No, mai! Perché tanto so che perdo e non mi piace! Né il Lotto, né i Gratta &Vinci!
Analisi del comportamento degli intervistati /1 – Dottoressa Mita
I proprietari
Tutti i proprietari intervistati hanno cercato di giustificare la presenza delle slot machine nel loro locale, chi cercando la colpa della dipendenza nei problemi personali degli avventori, chi nello Stato, chi nella legge di mercato, per cui bisogna adeguarsi ai bisogni della clientela. Questo segnala una certa consapevolezza del disturbo, ma anche un’inquietante ondata di individualismo: nonostante la presa di coscienza del danno che viene compiuto, a prevalere è il proprio interesse, profitto che non sembra neanche essere particolarmente sostanzioso, stando alle imposte statali. Credo che quello che la presenza delle le slot machine dia a un negozio è uno status. Un tabacchino o un bar che oltre a fornire il regolare servizio offre la possibilità di giocare alle slot, diventa un luogo ‘ricreativo’, ma non più nel senso in cui poteva esserlo con la presenza di svaghi come il flipper, ma piuttosto un luogo di alienazione, un posto in cui stare con le altre persone, ma senza stabilirvi un contatto, quindi avere l’illusione di non essere soli, ma continuare nel proprio intento solipsistico.
I clienti
Il comportamento dei consumatori ricalca quello dei proprietari, infatti tutti coloro che sono stati intervistati hanno dichiarato di non essere dipendenti, di usufruire delle slot machine solo come passatempo o come riempi buchi, cercando poi di rassicurare (e rassicurarsi) l’intervistatore, asserendo di compiere altre attività riconosciute come socialmente positive (leggo molto, sto con la famiglia, lavoro tanto…”). L’elemento dissociativo presente nel comportamento dei proprietari (“so che fa male, ma le metto lo stesso”) è forse ancora più forte nei consumatori, che hanno messo in atto strategie di comportamento difensive e cercato di evitare il contatto con gli intervistatori nella maggior parte dei casi.
Analisi del comportamento degli intervistati /2 – (non) Dottoressa Vero
Quando entrate in un tabacchino per comprare le siga, o andate al bar per prendervi un caffè, fermatevi un secondo davanti alle slot. Fermatevi, e osservate le persone che buttano i loro soldi in macchine piene di luci colorate e graziose animazioni (mah, mica tanto). Fermatevi, e chiedetevi il perché. Noi lo abbiamo fatto, abbiamo provato a parlare con queste persone, abbiamo cercato di capire se tutto questo “DIN DIN DIN – HAI PERSO!” fosse davvero così spaventoso come si dice in giro. Ebbene, la risposta è si.
Parlare con l’unica giocatrice che ci ha fatto la grazia di rispondere ad alcune domande, se ci ripenso ora, è stato pressoché inquietante: gli occhi persi nei simboli della slot, le orecchie attente ai rumori delle monete che scendevano, le dita delle mani impegnate a premere sempre lo stesso pulsante e la mente occupata a inventare false giustificazioni e a cercare la remota (quasi inesistente) speranza di una misera vittoria. Spesso ci si dimentica è che per quanto possa essere considerato un passatempo, il gioco d’azzardo compulsivo è considerato una malattia vera e propria. Quante volte un fumatore ha detto “Questo è l’ultimo pacchetto”? Quante volte un alcoolizzato ha affermato “Questo è l’ultimo Negroni”? Quante volte un giocatore di slot machine ha esordito con “Queste sono le ultime monete che ci butto”? Quello che fanno i commercianti con questa mitica azione di mercato, non fa altro che aumentare tutti questi casi patologici, che come altri vengono permessi e incentivati dalla Legge.
[Veronica Marco e Margherita Basso]