Il 27 luglio è uscito il quarto album dei Tame Impala, Currents. Neanche un mese dopo, il 25, 26 e 28 agosto, potremo ascoltarli dal vivo in tre città italiane. La band australiana con influenze californiane è stata una vera e propria rivelazione negli ultimi anni e l’ultimo singolo rilasciato, “Eventually”, conferma quanto di buono avevano già portato alla scena elettro-pop sperimentale.

 

Nel 2008, in un garage di Perth, cittadina dell’Australia sud-occidentale, nascono i Tame Impala. A dare vita a questo progetto musicale è Kevin Parker, voce e chitarra del gruppo, che uscendo dalla formazione precedente, i Dee Dee Dums, cerca nuovi sbocchi creativi e li trova insieme ai due membri storici della band, Dominic Simper (basso, synth e chitarra) e Jay Watson (synth, chitarra e seconda voce), tutti polistrumentisti a cui dopo qualche tempo si uniscono Cam Avery (basso, cori) e Julien Barbagallo (batteria, cori).

La prima impressione che si ha ascoltando i Tame Impala è che i “Seventies are the new black“: questo hippie-trend non solo ha contagiato arte e moda, ma anche il mondo della musica indipendente. Prendiamo ad esempio “Cause I’m A Man”, track contenuta in Currents e rilasciata a fine aprile: prestando attenzione si possono sentire molte suggestioni rock psichedeliche alla Emerson, Lake and Palmer (“Lucky Man”) o nello stile dei King Crimson (“Talk To The Wind”), con una vibrazione pop che ricongiunge i suoni classici europei alle sperimentazioni da nuovo continente.

Andando più indietro nel tempo e ascoltando Innerspeaker, album del 2010, si può intuire perché con un lavoro del genere i Tame Impala siano stati considerati una rivelazione: in esso si possono rintracciare i semi di un riciclo sonoro in atto da qualche tempo che porta molte band a impiegare il loro talento nella destrutturazione di suoni antichi, per poi rimontarli in una sorta di cubismo musicale.

Ciò che ha definito gli anni settanta a livello culturale è stata la spasmodica ricerca del nuovo, attraverso sperimentazioni al limite del cacofonico, come può essere stato il punk estremo, e invenzioni strumentali tanto importanti da segnare almeno due delle generazioni successive di musicisti – pensiamo a Lucio Battisti che non soddisfatto dal suono della sua chitarra striscia sulle corde un bicchiere per ottenere un effetto vibrato. Tale meccanismo di ricerca è anche quello che sta caratterizzando anche gli ultimi anni, con una decisa virata elettronica. L’eco sperimentale caratterizza i Tame Impala già dai primi lavori.

Questa componente elettronica ha definito molte formazioni di largo consumo che hanno sbancato nei primi Duemila, per essersi poi arenate sui loro successi. Non a caso i Tame Impala fino a qualche tempo fa aprivano i concerti degli MGMT, anche se non ne hanno imitato la brusca discesa dal podio, ma anzi sono stati in grado di dare al loro sforzo creativo continuità e varietà, mantenendo uno stile proprio, per poi evolvere e farsi alfieri di questa nuova corrente.

(Di quest’ultima traccia è anche disponibile una cover fatta da Alex Turner, frontman dei cugini brit dei Tame Impala, gli Arctic Monkeys).

Il tour mondiale dei Tame Impala si fermerà nel 2015 anche in Italia (hip hip hurrahy!) con tre date, il 25 agosto a Sestri Levante, all’interno del Mojotic Festival, il 26 a Roma e il 28 agosto a Verona.

Non possiamo che lasciarvi con un assaggio di quello che potrebbe succedere ai loro prossimi concerti.

Tame Impala, avanti nel passato: gli anni settanta del 2000 ultima modifica: 2015-05-21T18:39:29+00:00 da Margherita Basso