Dopo il successo del 2013 Unastoria, Gipi pubblica La terra dei figli, un fumetto molto diverso dai precedenti per stile e contenuti, ma con la mano dell’autore sempre ben visibile.

Non deve essere stato facile scrivere e disegnare dopo aver pubblicato Unastoria. Aver dato alla luce un’opera che ragionevolmente entrerà nei classici della letteratura italiana crea un po’ di pressione per il lavoro successivo.

E ricominciare a scrivere dopo aver raggiunto il compimento di un percorso iniziato nel 2003 con Esterno notte, terminato esattamente dieci anni dopo, poteva svuotare e rendere difficile la ricerca di nuove cose da dire.

Non deve essere stato facile, ma per Gipi, proprio perché è Gipi, AKA Gianni Pacinotti, forse lo è stato un po’ di più.

Questo perché è nella natura dell’autore pisano fuggire dalla zona di comfort, dal consenso assicurato, dalla ripetizione di uno schema vincente. “Quando faccio Unastoria e mi danno del poeta, devo smettere di essere poeta. Nel momento in cui faccio LMVDM e ho un approccio pop, buffo e con humour, devo scappare da quella forma. Non è una questione strategica, ma è che proprio non riesco a stare in una forma definita più di un libro o due (humour a parte, S. e LMVDM hanno lo stesso meccanismo)” ha dichiarato in un’intervista a Fumettologica.

Un discorso apparentemente solo teorico che diventa clamorosamente vero in La terra dei figli, il suo graphic novel uscito a ottobre 2016.

Anche per quanto riguarda l’aspetto visivo (tutt’altro che secondario in un fumetto) lo stacco dal passato è immediatamente evidente: niente colori, addio agli acquerelli che hanno contribuito in modo così determinante alla costruzione della “poesia” che è Unastoria. Questa soluzione grafica è molto funzionale rispetto all’ambientazione, uno scenario postapocalittico, dove un’imprecisata “Fine” ha lasciato ai superstiti un mondo contaminato e stravolto: non c’è più la società così come oggi la conosciamo. Anche le interazioni umane padre-figlio, uomo-uomo e uomo-donna, non sono più le stesse.

È in questo contesto che si muovono i protagonisti, un padre e due figli, soprattutto Lino, il minore dei due pargoli. E anche questo è un ulteriore e forse più importante strappo rispetto al passato. In precedenza, per quello che lui stesso ha chiamato “bisogno d’amore”, Gipi parlava più o meno sempre di lui. Gli elementi autobiografici, quando non erano predominanti come in LMVDM, rimanevano comunque decisi e ben visibili. Tutto ciò in La terra dei figli non c’è.

Il decalogo di Gipi

Questa è un’opera con personaggi interamente fittizi, con un vero e proprio intreccio e senza digressioni temporali. Il lettore vive lo svolgimento dei fatti esattamente come i protagonisti, quasi in piano sequenza. Assoluta perla, non si trova mai in una posizione di superiorità rispetto a essi, e viceversa. È anche un fumetto molto meno “scritto” dei precedenti, innanzitutto perché non c’è la caratteristica voce narrante, e poi perché, in osservanza a una sorta di decalogo auto imposto, “se un personaggio pensa una cosa”, Gipi fa “una vignetta muta per quel pensiero”.

Tutti i lavori precedenti partivano da una sofferenza, da mostrare, da esorcizzare, da analizzare. Per La terra dei figli Gipi sembra partire piuttosto da un’insofferenza, che è quella verso chi vive la contemporaneità in balia dell’isterismo social o religioso, o peggio ancora di chi fa del mondo dei “laic” una religione (o un credo politico).

Il nucleo di tutto rimane però l’amore, in modo più occultato rispetto a Unastoria ma non per questo meno profondo: l’amore celato e sacrificato di un padre che si costringe duro e anaffettivo per rendere “invincibili” gli “amati figli”, l’amore cercato dai figli stessi, che, analfabeti, procedono nella storia mossi dalla ricerca di qualcuno che sappia leggere il diario paterno, inseguendo tracce d’amore altrimenti mai ricevuto.

Tuttavia il libro non cerca l’amore dello spettatore. È il più difficile, impossibile dire se più bello, sicuramente meno empatico e per questo più coraggioso fumetto dell’autore pisano. E pur non cercandoli, l’amore e la commozione di chi legge li trova eccome. Gipi può scappare da una forma, sia quella pop, buffa o umoristica, ma non dalla poesia, che è la sua essenza.

La terra dei figli, il primo fumetto del nuovo Gipi ultima modifica: 2016-11-03T14:07:29+00:00 da Alessio Altieri