Gli Amazon Studios presentano un prodotto con una trama tanto attrattiva quanto provocatoria: come sarebbe il mondo oggi se la Seconda Guerra Mondiale fosse andata in maniera diversa? The Man in the High Castle ci trasporta in una realtà alternativa in cui non vorremmo mai vivere.

Una lapidaria domanda rappresenta la tagline con la quale gli Amazon Studios ci introducono nel mondo di “The Man in the High Castle”, una serie basata sul romanzo di Philip K. Dick La svastica sul sole” (The Man in the High Castle) del 1962. “What If?..”

Quindi: “e se…la seconda guerra mondiale fosse stata vinta dalle forze dell’Asse?”. La risposta risiede proprio nell’ambientazione di questa serie, dove troviamo il territorio degli Stati Uniti d’America spartito tra Germania e Giappone: a Est il Grande Reich Nazista con capitale New York, a Ovest gli Stati Giapponesi del Pacifico con capitale San Francisco, divisi dagli Stati delle Montagne Rocciose, ovvero una zona neutrale. La vicenda si svolge negli anni sessanta, quando una ragazza di San Francisco di nome Juliana Crain riceve dalla sorellastra una misteriosa bobina creata dal fantomatico “Uomo nell’alto Castello”, oggetto sulle cui tracce scopriamo essere sia la polizia giapponese che l’esercito nazista. Chi è il misterioso artefice della pellicola? Quale è il suo contenuto, e perché le forze dell’Asse se ne vogliono impossessare?  the manNormalmente gli Amazon Studios ricevono le sceneggiature per le serie tv o per lungometraggi attraverso il web, dove vengono valutate in crowdsourcing con gli utenti o dal personale dello staff artistico dell’azienda americana. Dei prodotti scelti vengono sviluppati episodi pilota, poi trasmessi sulla piattaforma Amazon Instant Video: se i clienti rimangono soddisfatti, parte la produzione della prima stagione. L’episodio pilota di The Man in the High Castle quindi non è stato solo promosso per la creazione della serie, ma è stato anche il pilota più visto di sempre tra i 38 mandati in onda da Amazon da due anni a questa parte. Questo fattore, più la co-produzione affidata a uno dei pilastri di X-Files, Frank Spotnitz, nonché a Ridley Scott, dovrebbe attirare le attenzioni di molti, a ragione.

Nonostante il gruppo degli attori sia sconosciuto ai più, salvo le presenze degli ottimi Cary-Hiroyuki Tagawa (L’Ultimo Imperatore, Sol Levante, Pearl Harbor) e Rufus Sewell (Il destino di un cavaliere, The Legend of Zorro, I pilastri della terra), le interpretazioni sono tutte degne di nota. La regia e la fotografia, però, la fanno da padrone: la prima è vivace, mai noiosa e attenta ai dettagli nel raffigurare come i mondi e le culture americane, tedesche e giapponesi riescano a fondersi in un unico contesto; la seconda è spettacolare nella scelta di un filtro patinato, che rende l’immagine riconducibile a qualcosa di irreale ma allo stesso tempo plausibile, quasi onirico.

Questa serie appartiene ad un genere di narrativa fantastica chiamata ucronia, caratterizzata da una trama che si sviluppa in una dimensione alternativa rispetto alla linea temporale che tutti conosciamo, a causa di un evento storico che ha avuto luogo in maniera differente. Un contesto ucronico può essere utopico, se la realtà descritta è positiva, o distopico se invece è negativa: The Man in the High Castle fa decisamente parte del secondo gruppo.

Nell’intreccio, Germania e Giappone non hanno solo instaurato negli Stati Uniti occupati una dittatura militare, ma anche culturale: viene messo in evidenza molto bene come i cittadini americani dell’Est debbano sopportare le dure leggi razziali e imparare il tedesco, mentre quelli dell’Ovest sono costretti ad adattarsi alle abitudini orientali, oltre ovviamente a saper parlare il giapponese. Proprio in questo clima di oppressione nasce un movimento di resistenza che starà al centro di tutta la serie: vincere gli invasori è l’unico modo per ritornare in possesso del proprio paese.

japanese-pacific-states---san-francisco greater-nazi-reich---nyIl termine ucronia è stato coniato dal filosofo francese Charles Renouvier in un saggio del 1857, ma già altri autori prima di lui si erano divertiti ad immaginare realtà alternative. Infatti, già nel 27 a.C. Tito Livio nel suo “Ab Urbe condita” (Storia di Roma dalla sua fondazione) si chiede come sarebbe diventato il regno macedone se Alessandro Magno si fosse scontrato con l’Impero Romano invece che dirigersi a Est; invece, nel 1836 Louis Geoffroy in “Napoleone Apocrifo” immagina una fine diversa per l’evento che segnò definitivamente le sorti di Napoleone Bonaparte: il condottiero francese esce vittorioso dalla campagna di Russia del 1812 e fonda un Impero Universale.

Nei primi anni trenta del novecento, anche lo storico inglese J.C. Squire dimostra di essere un fan accanito di questo genere. Chiede a 14 storici suoi contemporanei di scrivere un saggio ucronico, raccogliendoli in un’opera dal titolo “Se la storia fosse andata diversamente” (If it had happened otherwise). In questa prova di narrativa fantastica figurano fra gli altri, Milton Waldman con “Se Booth avesse mancato Lincoln” e addirittura Winston Churchill col suo “Se il generale Lee non avesse vinto la battaglia di Gettysburg”. Per quanto riguarda la narrativa italiana, Mario Farneti tra il 2001 e il 2006 pubblica “Trilogia di Occidente”, tre romanzi che raccontano di un’Italia dove Mussolini decide di non schierarsi con la Germania nel 1940 e di dichiararsi neutrale: questo porta a godere del Piano Marshall, crescere militarmente e diventare una superpotenza sessant’anni dopo.

The Man in the High Castle e il suo contesto ucronico ci mostrano quindi una realtà che non è stata, ma che sarebbe potuta essere. Questa serie ha una forte carica pedagogica, perché ci permette di apprezzare la storia così come si è svolta, realizzando che avrebbe potuto evolvere anche in maniera molto, ma molto peggiore.

E se avessero vinto i nazisti? The Man in the High Castle, la serie ultima modifica: 2016-01-07T18:21:41+00:00 da Jacopo Troise