Qual è la parola più bella del cinema? Azione! Troppo spesso è sottoposta all’uso dei dialoghi. Per tornare a rendere magica questa formula vecchia quanto la settima arte, ci affidiamo a The Tribe, film ucraino interamente girato con il linguaggio dei segni, senza voce narrante o sottotitoli. Lo manda Darren Aronofsky.

Accodandosi ai successi internazionali (tra cui il Gran Premio della Critica di Cannes 2014 e il primo premio al Milano Film Festival), Darren Aronofsky (Requiem for a dream, Il cigno nero, Noah) si esprime così su The Tribe, rivoluzionario film sul mondo dei sordomuti: “Il cinema non sarà più lo stesso”.

L’esordiente Myroslav Slaboshpytskkiy (dopo Leviathan, è evidente come i nomi dell’europa dell’est vadano forte su YURY) ha lavorato 5 anni per produrlo, scegliendo tra l’altro solo attori non professionisti, presi dalla strada, con una forte personalità.
locandina the tribel film racconta l’iniziazione alla vita di Sergei, un ragazzo adolescente inserito in un collegio per sordomuti, dove trova un contesto sociale inaspettatamente duro e violento, tra prostituzione e bullismo. Innamoratosi di una ragazza, dovrà lottare per difenderla da un orrendo futuro.

Voglio evitare di farmi paladino dei film dalla fruizione impossibile, totalmente inadatti a un pubblico non cinefilo, quindi metto subito le mani avanti: non è facile seguire perfettamente The Tribe. Tra lo spaesamento nei confronti di un linguaggio che comunque resta per noi in buona parte incomprensibile, la fisiologica abitudine a vedere film basati su altri canoni di linguaggio (banalmente, i dialoghi) e alcune scene obiettivamente lunghe, è chiaro che durante la proiezione la vostra mente potrebbe lanciarsi in sconclusionati voli pindarici.

Fatta questa premessa un po’ paracula, diciamo perché The Tribe è un’esperienza unica che vale assolutamente il prezzo del biglietto.

Innanzitutto, il film è tecnicamente pregevole. L’uso insistito del piano sequenza fornisce la giusta dinamicità a immagini che altrimenti risulterebbero piatte e statiche, eccessivamente documentaristiche, mentre la fotografia è realistica e delicata, giocata sui toni del blu e del grigio.

Insomma, va bene, ci si può distrarre ogni tanto, ma il film non è noioso. Il linguaggio dei segni è una danza, un balletto, una pantomima, senza nulla di grottesco, carico invece di drammaticità: la storia è spietata, le dinamiche tra i ragazzi durissime (robe che manco la mafia russa). Il loro è un universo fragile, dove ogni gesto è esasperato, primo fra tutti l’atto sessuale. Dopo una prima parte introduttiva, la trama fa un salto che innalza la tensione: cominciano le infrazioni delle regole da parte di Sergei, e la posta si fa sempre più alta.

The Tribe fa parte della superselezione di Cannes 2014, da cui sono usciti altri film bellissimi come Mommy, Leviathan, Le meraviglie, Due giorni una notte, The fighters e Whiplash.

Un’opera prima potente, fuori dagli schemi, difficile da scordare.

The Tribe: amore e odio non hanno bisogno di parole ultima modifica: 2015-07-27T21:09:10+00:00 da Alessio Rocco