A Civitanova Marche, l’artista indipendente Giulio Vesprini ha dato vita quattro anni fa a un progetto di street art chiamato “Vedo a Colori”. 16 cantieri navali recuperati e 1000 mq di muraglione decorati hanno dato una nuova coloratissima veste all’intero porto della cittadina, ora la più decorata dell’Adriatico. Nell’intervista a Vesprini, i retroscena del progetto e la sua passione per la land art.
Le Marche sono un luogo quasi misterioso per chi non le conosce, chiuse tra il mare, la ricca Emilia Romagna e la bella Toscana. Una regione che di certo non fa parlare di sé per festival musicali, grandi club o eventi faraonici, ma che ha invece molto da offrire e insegnare a tutti: un territorio splendido e ricco di storia, una qualità di vita alta e una cultura rurale nobile e orgogliosa.
In tutto questo contesto, quasi come una luce in fondo al tunnel, è nato, cresciuto e si è affermato il progetto “Vedo a colori”, un’enorme hall of fame nel porto di Civitanova Marche, ridente località adagiata sulle rive del Mare Adriatico.
Di cosa si tratta? È un progetto che ha regalato al porto nella provincia di Macerata un nuovo bellissimo e coloratissimo volto. Un’iniziativa ideata nel 2009 che, fino ad oggi, ha portato quasi 40 artisti nella cittadina marchigiana.
Giulio Vesprini, l’ideatore del progetto, scrive : “Con Vedo A Colori il porto diventa museo e si recinta di colore, diviene spazio fruibile a tutti e cambia la cartolina della città partendo proprio dal suo cuore pulsante“. A testimonianza di queste parole si considerino i 16 cantieri navali recuperati e i 1000 mq di muraglione del porto decorati. Con questi numeri, Civitanova diventa in proporzione la città più dipinta di tutto il bacino adriatico.
Giulio, mente di “Vedo a colori“, vive e lavora tutt’ora a Civitanova Marche, città dov’è nato nel 1980. All’età di 15 anni ha iniziato a dipingere i primi graffiti e a sperimentare l’uso dello spray in tutte le sue molteplici forme, fino a iscriversi nel 1999 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Macerata, dove ha appreso diverse tecniche grafiche, sia incisorie che digitali. Nel 2006 si è iscritto alla Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno, avvicinandosi ancora più alle tematiche progettuali, alimentando anche la sua passione per la forma e per il colore, applicando alle geometrie degli spazi i segni puliti, netti, ispirati alla natura. Partecipa poi con alcune proiezioni di video-art a manifestazioni urbane, proiettando le sue visioni ermetiche sui muri dei palazzi. Dal 2007 ha anche iniziato a esporre i suoi lavori in gallerie nazionali e internazionali, mantenendo sempre però uno stretto legame con l’urban art.
La land art lo appassiona, così come le installazioni naturali esaltano il suo pensiero al punto da riempire le sue forme geometriche non solo fatte di colore ma anche di terra, farina e altri materiali organici. Gli alberi e i rami secchi entrano nelle sue opere ed esemplificano uno dei concetti a cui Giulio è più legato: la natura riprende prima o poi ciò che è suo.
Oggi Vesprini, esponente della scena grafico-urbana italiana, collabora con diversi studi creativi e vanta numerose pubblicazioni ed esposizioni, oltre, ovviamente, a continuare a curare la sua creatura, “Vedo a colori“, progetto di cui ora andiamo a conoscere i dettagli grazie all’intervista che ci ha concesso e per cui lo ringraziamo.
Ciao Giulio, qual è stata la scintilla che ti ha fatto scoprire il mondo del graffitismo e più in generale dell’arte urbana ?
“Ho dipinto, o meglio sporcato, il mio primo muro all’età di 14 anni. Mi ha colpito una scritta su una vecchia parete, era più piena e rotonda della classica firma o frase politca in stile anni ’70. Avevo intuito che qualcosa stava cambiando e che si poteva utilizzare la parete in modo diverso. Le due riviste Skate ed Aelle da lì a poco hanno sancito la chiamata alle arti, fino al 1999 circa con gli spray, successivamente con installazioni e pennelli”.
Alcune delle tue opere sono vere e proprie installazioni, come si è sviluppato il tuo stile nel tempo e cosa ti ha portato ad abbinare natura e arte?
“Sicuramente il mio percorso di studi, più artistici attraverso l’Accademia e più tecnici dopo aver frequentato Archittettura. Credo che le mie installazioni siano la fusione di queste scuole. Significativa è stata anche la visita a Kassel nel 2002 durante Documenta 11. Lavorando come grafico, inoltre, ho sempre optato per concetti più minimali e sono stato sempre attratto dalla land art e dai suoi grandi protagonisti. Cerco di mettere all’interno di un lavoro, che sia muro o installazione, la parte grafica, quella architettonica e la visione artistica nel suo insieme”.
Come è nato il tuo progetto “Vedo a Colori” a Civitanova Marche?
“Vedo A Colori nasce nel 2009, con l’idea di risvegliare un panorama urbano locale assopito negli anni. Inizialmente ho provato con l’aiuto di alcuni ragazzi del posto, la via istituzionale, quella dei festival, appoggiandomi a una manifestazione del posto. E’ durata giusto il tempo necessario per capire che certe cose vanno fatte in autonomia, senza tessere politiche e/o “accompagnamenti” vari. Così, nell’autunno del 2010 si prende la via autonoma del progetto. Ho iniziato a cercare sponsor da solo, coì come tutti i permessi, bussando porta a porta. Tutto questo sacrificio negli anni ha ripagato. Oggi nel 2014, vinto un bando europeo, ho potuto realizzare un sogno, avere un porto per l’80% recuperato attraverso i murales”.
Come ha risposto la cittadinanza al tuo progetto di riqualificazione urbana attraverso “Vedo a Colori” ?
“La risposta è stata più che positiva. Ora la gente va al porto per fotografare, riscopre un luogo ricco di storia e cuore pulsante della città. Qualcuno mi ha raccontato che oggi correre e camminare lì è più divertente. Se solo avessi avuto un conta foto! La cittadinanza anche quella inizialmente scettica ha apprezzato a parer comune tutto il lavoro, complimentandosi per la qualità delle opere e la bravura degli artisti”.
La street art in Italia sta finalmente prendendo piede secondo te?
“Tendenzialmente da ciò che sento e vedo credo di sì. Molti ormai i comuni che invertono la tendenza proibizionista degli anni ’80/90’ e cedono ampi spazi al decoro urbano. Molte le comunità che sposano questi progetti e ne prevedono uno sviluppo sociale. Anche se l’erba del vicino è sempre più verde, io non mi lamenterei di come ad esempio Roma tra le sue mille contraddizioni sia riuscita a innescare sul territorio una sorta di laboratorio continuo con parecchi quartieri impegnati sul fronte urbano. Qualcosa di buono sta avvenendo”.