Il mondo va visto al rallentatore: per capire certi luoghi del pianeta non è sufficiente visitarli, bisogna viverli, conoscerne la storia, le persone che ci sono cresciute e che li abitano. Quindi, perché non salire su una vecchia Ape e godersi un viaggio in Etiopia?

Altro diario, altro viaggio. L’Africa da vivere, destinazione Etiopia! Non è una partenza come tutte le altre, sono agitata. Non so se sarò in grado di arrivare sino in fondo, non conosco nemmeno bene chi partirà con me. Mi spiego: sono stata selezionata per fare il giro dell’Etiopia in Ape in 18 giorni con un gruppo torinese, il Taurinorum Team, che da anni viaggia per il mondo su questo simpatico ma non comodissimo mezzo, raccontando storie di vita incredibili. “Lo fanno da anni”, penso, e mi tranquillizzo. Saranno sicuramente ragazzi in gamba, sanno quello che fanno… Ma sono sempre ragazzi che girano il mondo in Ape!

La vecchia Ape, il motivo principale della mia agitazione, una compagna di viaggio inedita. 11 persone, 3 api, 4050 Km da coprire, di cui 1588 senza strade: meta, la culla della civiltà, la valle dell’Omo, con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della sicurezza stradale e presentare il famoso veicolo a tre ruote nel sud del paese.

La partenza

Tutto l’occorrente è ordinato sul letto, lo infilo nello zaino diviso in sacchetti di tela. Un classico: fare ordine maniacale prima di partire, per compensare il disordine in testa, che ha lasciato posto all’adrenalina. In borsa non manca il GPS, pronto a mappare risorse sul territorio e a creare una Openstreet map al mio ritorno, per condividere ciò che ho vissuto. In aeroporto sono elettrica, sembro scoppiare da un momento all’altro, con la voglia e l’energia per fare qualsiasi cosa.

Arrivo ad Addis Abeba, la capitale etiope. Rimango come paralizzata: più mi allontano dalla città, più si aprono scenari che mi generano un miscuglio di sensazioni e punti interrogativi. Felice e stupita, salgo sull’Ape per la prima volta.

Col sole o con la pioggia, con l’umore giusto o meno, si viaggia. Si smontano le tende al mattino e ci si mette in marcia ai 30 all’ora. Si ride, si canta, si vive, l’Etiopia sembra giocare con noi, ci sfida. Il sole tramonta alle 18 precise ogni giorno, quando non siamo ancora arrivati a destinazione, ci tocca viaggiare al buio. I camion sfrecciano sull’asfalto, facendoci trattenere il fiato a bordo strada. La pioggia cade prepotentemente, nonostante non sia stagione: non pioveva così tanto a novembre da 7 anni. Accettiamo questa sfida, che fa parte dell’avventura, sicuri che questa Etiopia in fondo ci abbia accolto e ci voglia bene.

Il mondo al rallentatore

La mia Ape batte la strada, sono felice: faccio incontri, mi racconto, chiacchiero. Imparo a conoscere gli altri e me stessa, rifletto tanto. Il bello del viaggio è che puoi compiere contemporaneamente due percorsi: uno sulla strada, uno tuo personale, nel profondo. Se quando torni sei lo stesso di sempre, non hai viaggiato per niente: accade qualcosa e la tua mente si apre, respiri aria nuova.

Mi sono emozionata visitando progetti di cooperazione internazionale, ho parlato con chi grazie a essi ora ha un banco di scuola, o beve acqua potabile. Mi sono ripromessa di raccontarle queste storie, di trasmettere tutto ciò che ho colto, una volta tornata.

Ecco il segreto del mondo al rallentatore: si lascia ammirare da te, che viaggi lentamente perché vuoi coglierne ogni bene. In quel preciso istante in cui passi piano piano con l’Ape le donne ti guardano, i bambini si interrogano e gli uomini ti sfidano, ecco dov’è lo scambio. Avviene negli occhi, nel momento esatto in cui c’è l’incontro. Poi l’Ape continua la sua marcia, tu rimani a bordo con in più il dono di quello sguardo che ti lascia un po’ stranito, ma che custodirai gelosamente: non l’avresti mai percepito e apprezzato passando ai 70 all’ora.

Mi sono innamorata dell’Ape e della strada al rallentatore, così come ho amato i miei compagni di avventura, i tramonti che l’Etiopia mi ha fatto vivere, dei paesaggi che mi ha fatto scoprire. Ho viaggiato per 20 giorni a bordo di un’Ape arrivando sino alla valle dell’Omo, ho dormito tra etnie dalla pelle color caffè intenso, riso e pianto al momento di tornare a casa. Solo adesso, al ritorno, mi rendo conto di cosa ho imparato. Ho riscoperto il tempo, reimparato il suo significato, capito come goderne: al rallentatore.

[Erica Rossi]

Il mio viaggio in Etiopia in Ape ultima modifica: 2016-01-15T18:27:43+00:00 da YURY