La coppia Scorsese-Di Caprio non tradisce le attese con The Wolf of Wall Street, la vera parabola di un giovane broker americano, dall’apice del successo fino alla sua caduta in rovina. I maligni trovano che il film sia fine a se stesso, mentre invece il messaggio c’è: basta solo ragionarci su.

 

Prima di lanciarmi in sala per ammirare l’ultimo lavoro del caro vecchio Martin Scorsese, mi sono documentato riguardo alla critica del film. Nonostante le buone recensioni, ho notato diversi appunti “maligni” relativi all’ultima fatica del regista italo-americano.

TheWolfofWallStreet_iTunesPre-sale_1400x2100«È solo sesso-droga-sesso-droga», dicono alcuni. Oppure: «È troppo lungo», obbiettano. E ancora: «Scorsese si è messo a fare il Tarantino dalla situazione», insinuano. E infine, non paghi: « È un film privo di messaggio, quindi fine a se stesso», criticano.

Con calma. Innanzitutto, confrontando Gravity di Alfonso Cuaròn (vincitore del premio Oscar per la miglior regia) con il film di Scorsese, resto convinto del fatto che il regista italo-americano avrebbe meritato la vittoria contro il dirimpettaio messicano . Ma d’altronde io non sono che un misero appassionato di cinema, e non un giurato degli Academy Awards.

Quanto all’ormai mostruoso (e sfortunatissimo) Di Caprio, credo che abbia ben poco da recriminare per la sconfitta patita contro Metthew McConaughey per l’assegnazione del premio come “Miglior attore protagonista”. McConaughey si è dimostrato eccezionale in Dallas Buyers Club nei panni di un malato di Aids in lotta contro il sistema sanitario americano, con buona pace del caro Leo, comunque in crescita esponenziale nelle sue ultime interpretazioni, specialmente da quando nel 2002 (anno di uscita di Gangs of New York) iniziò il fruttuoso sodalizio con Martin Scorsese .

Veniamo al film. Uscendo dalla sala lo spettatore ha la sensazione più che nitida di aver assistito a qualcosa di eccezionale. La pellicola è lunga, senz’altro, ma non c’è nessuna sensazione di pesantezza relativa alle immagini che si rincorrono sullo schermo per circa tre ore. Il ritmo portante  è frenetico: Scorsese si fa cavaliere di danza e ci conduce in una mazurka di avvenimenti, risate e situazioni folli che fanno inevitabilmente sganasciare lo spettatore.

Le musiche sono dirompenti e puntualissime, oltre che perfettamente adatte alle immagini che scorrono sul grande telo bianco in sala. La colonna sonora è incredibilmente azzeccata e comprende pezzi storici come “Mrs Robinson” di Simon and Garfunkel insieme a canzoni di artisti sempre quotatissimi come i  Foo Fighters o di mostri sacri come John Lee Hooker.  Inoltre, lo spettatore italiano non può trattenere la risata quando, in una scena ambientata nella nostra penisola, esplode a tutto volume “Gloria” di Umberto Tozzi.

In un turbinio di nani lanciati come freccette e di dialoghi deliranti inzuppati in alcool e Quaalude, il regista dà dimostrazione di una maestria quasi unica nel mondo del cinema. Perdonate la volgarità, ma credo che quest’uomo potrebbe anche infilarsi una cinepresa tra le natiche riuscendo comunque a girare scene spettacolari.

The_Wolf_of_Wall_Street_-_trailerIl film, tratto da una storia vera, è divisibile in tre atti. Nel primo, l’arrivo di Jordan Belfort (Di Caprio) nel mondo dell’alta finanza e il suo primo timoroso approccio a questo strampalato mondo profumato di dollari ed eccessi. Nel secondo, la sua trasformazione in “lupo” (una sorta di rockstar della borsa assetato di soldi, gloria, potere, mutandine di pizzo e droga), parte in cui Scorsese fa salire lo spettatore su una giostra di colori e situazioni ultra-comiche a dir poco eccessive. Nel terzo e ultimo atto, la rovina e la fine del Lupo di Wall Street.

La parte centrale del film è senza dubbio la più corposa e riuscita. Un piccolo appunto allo sceneggiatore Terence Winter: forse poteva essere accorciata un po’ la seconda sezione della storia, già più che abbondante, in favore di una descrizione più completa relativa alla caduta in disgrazia di Belfort.

Un ultimo e doveroso accento va posto sulle interpretazioni di Leonardo Di Caprio e di Jonah Hill che portano avanti un duetto eccellente, confermandosi attori di primissimo piano (soprattutto il caro Leo) nel panorama cinematografico internazionale.

The wolf of Wall Street è senza dubbio la rappresentazione di una storia colma di eccessi che, tuttavia, non sono mai mostrati in modo fine a se stesso, ma presentati con l’intento di divulgare una realtà distorta, e a tratti malata, come quella del mondo dell’alta finanza alla fine degli anni ‘80. Per chi non fosse riuscito a trovare un messaggio nel film, suggerirei di ragionare sulla particolare e intimistica ripresa finale. Il messaggio c’è, lascio a voi trovarlo.

Voto: Alto. Quanto, decidetelo voi. Da non perdere.

Attenti al Lupo. Critica a chi critica Scorsese ultima modifica: 2014-03-17T22:40:59+00:00 da Marco Piva