I fan della Marvel lo stavano aspettando con ansia. Finalmente è arrivato nelle sale italiane l’ultimo film degli X-Men, che vede il ritorno di Bryan Singer dietro la macchina da presa.
Quando vai a vedere un film della Marvel, non ti aspetti esattamente un pubblico da camera, quanto piuttosto una bolgia di fan sfegatati (di cui sotto sotto faccio parte anch’io), pronti a sottolineare con chiassose ovazioni ogni battuta, ogni gesto eroico e spettacolare compiuto dai loro beniamini.
In effetti questo settimo episodio della saga X-Men – la più longeva trasposizione dei fumetti di Stan Lee – non fa eccezione, perché nella prima parte la sala si esalta rumorosamente. Poi, però, lentamente vieni risucchiato in una storia che acquista progressivamente spessore e pian piano cala un religioso silenzio, testimone di una certa complicità cinematografica che si apprezza solitamente in presenza di filmoni di ben altra caratura.
X-Men – Giorni di un futuro passato: trailer e recensione
La posta in gioco è alta, l’importanza del film è evidente, essendo centrale nello sviluppo cronologico della saga e dovendo quindi fungere da collante tra i “vecchi” film (2000, 2003, 2006) e il prequel del 2011 X-Men – L’inizio, nonché ovviamente con gli spin off su Wolverine. Un compito che il veterano regista Bryan Singer (lo ricordiamo per averci regalato film come I soliti sospetti o il più recente Operazione Valchiria) porta a casa bilanciando bene ironia, azione e riflessione.
Quest’ultimo aspetto di fatto distingue gli X-Men da molti altri film tratti da fumetti, grazie allo spazio dedicato a interessanti tematiche sociali (accettazione o isolamento del diverso) e scientifiche (evoluzione della specie umana). Per carità, il bilancio è sempre e comunque a favore del colpo di scena e dello spettacolo (in questo senso è già di culto l’evasione guidata da Quicksilver), però in qualche modo si percepisce sempre un respiro drammatico, non solo giocoso e fracassone.
L’espediente del viaggio nel tempo è funzionale alla storia, ma non originalissimo, così come il futuro apocalittico suona un po’ di dejà vu: recentemente viene rappresentato quasi alla stessa maniera da molti film d’azione americani. Ad ogni modo, non è certo la ricerca spasmodica dell’originalità l’obiettivo del caro Singer, vista l’impronta seriale che contraddistingue un prodotto ormai consolidato.
Insomma, un film coerente con la politica del blockbuster marveliano, divertente e coinvolgente, ma con una serietà e una credibilità non comuni. Come sapranno i fan più sfegatati, è meglio restare seduti fino alla fine dei titoli di coda.
Volate al cinema!